Pensioni perequazione: ricorso alla corte europea dei diritti umani, contrasti fra Cida e studi legali

Abbiamo già fatto menzione delle riflessioni e delle iniziative adottate da diverse associazioni e studi legali dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato i ricorsi dei pensionati in merito alla mancata perequazione e al cd bonus Poletti. Nel frattempo, come abbiamo puntualmente indicato, era uscita una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che aveva dichiarato inammissibile un ricorso presentato da un gruppo di pensionati veneti contro l’imposizione del contributo di solidarietà per gli assegni più alti, norma il cui effetto è ormai cessato.
Su questa questione e sulla possibilità di nuovi ricorsi alla Cedu, anche in tema di perequazione, si sono moltiplicate le opinioni e le polemiche, protagonisti in particolare la Cida (Confederazione italiana dirigenti d’azienda) e uno studio legale che patrocina i ricorsi di molti pensionati.
Abbiamo già pubblicato il testo del comunicato Cida (vedi infra) e adesso, per completezza d’informazione, pubblichiamo anche la controreplica dello studio legale, in modo da fornire ai nostri lettori tutti gli elementi di giudizio.
Le regole non sono opinioni, controriflessioni sul comunicato della Cida
«Concordiamo su gran parte di quanto esposto nel comunicato della CIDA del 18/01/2018 (http://www.cida.it/ricorso-alla-cedu-corte-europea-dei-diritti-delluomo-nel-contesto-delle-azioni-difesa-dei-diritti-dei-pensionati/ ). Il riferimento alla chiusura delle adesioni al 31 gennaio 2018 così pure il richiamo alla comunicazione della cancelleria della CEDU pubblicato nei giorni scorsi chiama in causa indirettamente, ma con chiarezza, RimborsoPensioni.it di cui il sottoscritto guida lo staff legale.
Mi sia consentito quindi proprio sulle questioni di diritto ivi riportate replicare a quella che secondo noi è una grossolana inesattezza. Ci riferiamo in particolar modo all’interpretazione data da CIDA del requisito del previo esaurimento delle vie interne , secondo cui tale presupposto risulterebbe assolto solo quando si sia dato corso a tutte le fasi di giudizio interno (Tribunale, Corte di Appello e Cassazione , oppure Corte dei Conti Regionale e Corte dei Conti Centrale di Appello) . E’ evidente che tale inesattezza è talmente lontana dalla realtà della interpretazione delle norme convenzionali così come fornita dalla Corte Edu da farmi dubitare con margini molto prossimi alla certezza che possa essere stato scritto o elaborato da un giurista.
Ciò perchè la tesi del Cida nasce da un errore di fondo nell’ individuazione del rimedio. Nel nostro ordinamento, infatti, laddove si contesta la conformità a Costituzione di una norma, l’unico rimedio interno possibile è quello del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, che, come è noto, è possibile solo attraverso l’ instaurazione di un procedimento davanti al giudice “semplice” unico soggetto giurisdizionale ( ad eccezione dei conflitti tra Stato e Regioni) che può , convincendosi della illegittimità della norma, porre al questione di legittimità al giudizio della Corte. Non è previsto infatti nell’ordinamento italiano l’accesso diretto del cittadino alla giurisdizione della Corte Costituzionale, ma lo è appunto solo mediato dalla scelta filtro del giudice ordinario.
Se così è, ( E COSI’ E’!) è di tutta evidenza come con la sentenza della Corte Costituzionale n. 250/2017 si sia conclusa l’unica via di ricorso interna prevista dal nostro ordinamento nel caso di specie e dal deposito di detta sentenza decorre il termine semestrale per proporre ricorso alla Corte EDU, che giusto per completezza tra pochi mesi con la ratifica del nuovo protocollo 15 sara ridotto a quattro mesi.
La questione, ricostruita in questi termini, è quindi strettamente collegata all’ altro quesito sollevato dallaCIDA secondo cui il ricorso cedu sarebbe possibile solo per coloro i quali hanno comunque esperito il ricorso interno. E’ evidente che anche questo dubbio soffre della errata individuazione del rimedio interno.
Ritenere che in un caso come quello di specie possano ricorrere alla Corte EDU solo quei pochi beneficiati che hanno avuto la fortuna di avere adito un giudice che si è preso la briga di sollevare una questione di legittimità costituzionale, sarebbe certamente contrario ai principi convenzionali. E ciò proprio per la peculiarità del caso italiano che non prevede accesso diretto alla Corte Costituzionale ma le cui sentenza hanno efficacia erga omnes su tutte le posizione non definite ( e qui il riferimento alla necessità di costituzione in mora entro il dicembre 2016 decorso il quale inizia a decorrere la prescrizione con conseguente definitività della posizione e preclusione anche del ricorso Cedu) . E allora sarebbe evidentemente contrario ai principi della Convenzione restringere il campo ai soli soggetti che hanno partecipato al giudizio innanzi alla Corte e non invece a tutti coloro i quali subiscano gli effetti di questo giudizio, purchè rispettino il termine semestrale e il loro diritto non sia più reclamabile per intervenuta prescrizione!
Chiarita la questione in punto di diritto, spero nei termini più comprensibili possibile per i non addetti alle noioso tematiche giuridiche, mi preme precisare che a noi di RimborsoPensioni.it e ancor più personalmente a chi scrive non interessa se gli iscritti alla CIDA e alle sue organizzazioni satellite facciano o meno ricorso con RP : la nostra storia dimostra che non facciamo marketing ma informazione!
Tutti sono liberi di farlo con chi gli pare ed anzi qui di seguito, come faccio quotidianamente nei post sulle pagine FB o nelle dirette posso riportare gli studi legali che al momento e con serietà si stanno occupando del ricorso alla Cedu sulla questione . Altrettanto liberi sono ovviamente gli organi della CIDA di ricordare le lungaggini del processo CEDU e gli esiti assolutamente incerti del giudizio su cui ovviamente non posso che concordare.
Quello che però non è tollerabile è che per scoraggiare i propri iscritti ad intraprendere un’ azione nella quale evidentemente e direi con scelta legittima i vertici della CIDA dimostrano di non credere, si decida di denigrare con ignoranza auguriamoci non aggravata dalla malafede il lavoro altrui creando disinformazione ed estrema confusione nei cittadini interessati che, non essendo tecnici della materia, si ritrovano come “dei ciucci in mezzo ai suoni” ( per usare un espressione cara alle mie origini salentine) senza sapere da che parte stare.
Cio detto, per far stare tutti tranquilli preciso che non accetteremo associati CIDA al nostro ricorso CEDU a meno che non abbiano gia aderito alla precedente fase del giudizio interno con lo staff di RP.
Cari saluti e buon ricorso a tutti.» Per informazioni ulteriori consultare il sito rimborsopensioni.it
Fin qui la diatriba fra Cida e studi di avvocati interessati. Noi che siamo al di fuori di queste dispute preferiamo non dare consigli, ma onestamente, a titolo strettamente personale, vi informo che, avendo già proposto ricorso, insieme a molte altre persone, contro il provvedimento governativo sostanzialmente bocciato dalla Consulta, ci accingiamo, attraverso uno studio legale, a proporre senza problemi e remore il ricorso alla Corte dei diritti umani di Strasburgo, che è comunque rimasta l’unica ancora di salvezza per i pensionati tartassati non soltanto da Renzi e dai suoi accoliti, ma anche dalla Consulta presieduta dal fiorentino prof. Paolo Grossi.
