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Immigrazione e terrorismo: Minniti stringe accordi anche con Trump

Il ministro Minniti continua la sua opera di relazioni internazionali per sostenere la lotta al terrorismo e frenare l’immigrazione clandestina. Dopo gli accordi con i paesi africani, in particolare con la Libia, è volato negli Usa per concordare strategie idonee con la nuova amministrazione Trump, che è molto sensibile al problema.

In tale ottica il governo americano ha deciso di rafforzare l’asse tra Usa e Italia contro il terrorismo, per evitare che la Libia diventi la nuova base dell’Isis, sfruttando i flussi migratori per colpire l’Europa. Questo il risultato degli incontri di Minniti  a Washington con il segretario alla Giustizia Sessions, quello alla Homeland Security Nielsen, e il capo dell’Fbi Wray. Il ministro ha percepito la volontà di «fare affidamento sull’Italia», Paese «imprescindibile per la sfida strategica del Mediterraneo».

Minniti ha smentito che sia in corso una ripresa strutturale degli sbarchi e ha spiegato i piani per creare negli aeroporti di Malpensa e Fiumicino i primi due hub europei della «preclearence», l’accesso facilitato agli Usa completando le operazioni doganali alla partenza, «entrato ormai nell’ultimo miglio di realizzazione».

Afrontato anche il problema del ritorno dei foreign fighters, visto che i servizi di intelligence hanno stimato che in Iraq e Siria ci fossero tra 25.000 e 30.000 foreign fighter, e che i sopravvissuti ora vogliono tornare a casa: «Prima del collasso militare del Califfato era difficile pensare che uno Stato terroristico in piena salute potesse utilizzare i flussi migratori per il trasferimento di risorse verso teatri d’attacco, in questo caso l’Europa. Un gruppo d’attacco è un bene nobile, e quindi non lo metti a rischio su percorsi abbastanza fragili. Invece nel momento in cui hai avuto una sconfitta militare, non è più un progetto, è una fuga. E la fuga si incanala verso le vie già aperte, che in questo caso sono quelle create dal traffico del flusso migratorio. Il problema non è solo che i terroristi possono transitare per la Libia, ma che si fermino per costituire piattaforme di attacco verso l’Europa». Gli Usa hanno presenza e quindi «capacità di lettura e conoscenza del teatro di Raqqa, che è una miniera di informazioni; noi l’abbiamo in Libia». La collaborazione è fondamentale per disinnescare questa minaccia.

La linea comune per la stabilizzazione del Paese è «sostenere il piano Onu di Salamé, con l’obiettivo di tenere le elezioni entro 2018». È un passo avanti importante, perché l’impressione iniziale era che l’amministrazione Trump puntasse piuttosto ad identificare l’uomo forte da sostenere, come il generale Haftar. Il ministro ha avuto l’impressione che gli Usa siano disposti a dare all’Italia «una delega», che non significa il loro disinteresse, ma la fiducia nella competenza di Roma.

Minniti critica la superficialità con cui si lanciano gli allarmi sulla ripresa degli sbarchi: «Abbiamo chiuso l’anno con una riduzione del 34%, 62.000 arrivi in meno. E’ un dato importante, ma io stesso ho detto che non è strutturale».   Cambiamenti importanti ci saranno a breve dopo l’annuncio di Frontex, che ha chiuso la missione Triton e aperto Themis, e nell’atteggiamento dell’Europa: «Sei mesi fa si parlava solo di hot spot e porti. L’idea era è fosse impossibile governare i flussi: l’unica soluzione era che l’Italia si attrezzasse ad accogliere i migranti, senza movimenti secondari. »

Mi sembra che il ministro abbia finalmente le idee chiare e agisca di conseguenza per contrastare efficacemente da un lato il pericolo del terrorismo internazionale e per trovare altri alleati dall’altro per ridurre i flussi d’immigrazione, vista l’incapacità congenita d’intervento dell’Unione Europea. Il ministero dell’interno dà segnali di azione concreta ed efficace, dopo la stasi deleteria e lunga  nella gestione dei ministri Cancellieri e Alfano.

 


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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