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Commercio, elettronica: chiudono 43 negozi Trony in Italia. A rischio 500 posti di lavoro

MILANO – In Italia hanno chiuso 43 negozi Trony, la catena di negozi di elettronica, per la dichiarazione di fallimento della società Dps. A rischio ci sono 500 posti di lavoro in tutto lo Stivale. I negozi che non hanno alzato la saracinesca sono in Liguria, Piemonte, Lombardia (dove sono a rischio 140 dipendenti con 9 punti vendita fra cui il negozio di San Babila) Veneto, Friuli e Puglia.

In quest’ultima regione è scattata la mobilitazione dei lavoratori con un sit-in davanti a uno dei tre negozi di Bari. I dipendenti che, a Bari, sono coinvolti nelle conseguenze del fallimento sono una trentina ma in tutta la Puglia, dove ci sono 13 negozi Trony, i lavoratori a rischio sono circa 120, una fetta significativa particolarmente provata visto che dopo aver avuto un pesante taglio della busta paga a dicembre, a febbraio non hanno ricevuto gli stipendi. In Puglia l’unico negozio Trony rimasto aperto è quello di Taranto perché è rimasto in mano alla società Vertex.

«A livello nazionale – spiega Barbara Neglia della Filcam Cgil – le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil chiederanno un primo incontro al curatore fallimentare e in modo parallelo proveranno ad avere un confronto con il ministero allo Sviluppo economico per cercare di trovare soluzioni alternative al licenziamento dei dipendenti». Al sit-in di Bari si è recato anche il sindaco di Bari, Antonio Decaro, che ha parlato con i lavoratori assicurando la propria disponibilità perché i posti di lavoro vengano salvaguardati.

La situazione della società Dps era in bilico da diverso tempo. L’azienda aveva chiesto un concordato preventivo che però non è stato giudicato percorribile dal giudice fallimentare che lo ha rifiutato decretando il fallimento. «Ora resta da gestire questa fase – dice Alessio di Labio responsabile nazionale di Filcams Cgil -. L’obiettivo è quello di individuare uno o più soggetti interessati a rilevare i 43 punti vendita. E poi chiedere un incontro sia al Mise e sia al ministero del Lavoro perché ci sarà da gestire la cassa integrazione dei lavoratori».

Per ora non interessati i negozi in Toscana

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