Consultazioni: le pretese di Di Maio fanno rinviare tutto, col rischio finale di nuove elezioni

Si può tirare il consuntivo (magro) del primo giro di consultazioni, nel corso del quale il presidente non ha solo ascoltato le posizioni di quanti sono saliti al Quirinale, ma ha chiesto a tutti quali alleanze abbiano in mente visto che il Rosatellum non ha portato una maggioranza parlamentare. Mattarella ha ricordato che il maggioritario non c’è più e che fino al 1994 c’era un proporzionale simile all’odierno. E che i Governi si facevano anche allora. Una sottolineatura che a prima vista sembra scontata ma che in realtà è un richiamo alle forze politiche affinché non restino ancorate a logiche che non esistono più. E che, piaccia o non piaccia, l’attuale sistema elettorale prevede «in nuce» la necessità di alleanze per formare il Governo.
L’accenno finale del Presidente, che ha annunciato il rinvio dei colloqui alla prossima settimana, è stato chiaro: «sarà utile a loro per valutare responsabilmente la situazione, le convergenze programmatiche, le possibili soluzioni per dare vita a un governo». Un invito inequivoco alla concretezza pena, si presume, il ritorno alle urne.
Il rischio che le consultazioni diventino un alibi per ritardare scelte che inevitabilmente vanno fatte è chiaro al presidente. Come è chiaro che bisogna agevolare il tentativo in atto tra M5s e Lega perché al momento è l’unico che potrebbe portare a un governo di legislatura. Il ‘diktat’ posto da Di Maio su Fi e sul Cavaliere comunque blocca quel segnale che avrebbe potuto da subito agevolare il dialogo tra il M5s e la Lega sulla scorta della sottoscrizione di un contratto di programma alla tedesca. Non solo i forzisti ma anche il Carroccio sono costretti a fare muro difendendo il nome di Berlusconi. E questo complica il prosieguo delle trattative fra le parti.
«Scorporare la Lega da Fi per renderla subalterna al M5S è un sogno irrealizzabile» aveva tagliato corto il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani che giudica «puerili» e «antidemocratici» gli attacchi del leader M5s a Berlusconi. E ha parlato di richiesta di «tradimenti inaccettabili» anche il capogruppo della Lega a Montecitorio, Giancarlo Giorgetti che avverte: «veti e pregiudizi portano solo di nuovo a votare». Salvini ha confermato innanzitutto di non essere disponibile a fare l’esploratore, cioè di esperire un tentativo di formare un governo senza sicure possibilità di successo.
Il leader M5s, Luigi Di Maio, ha mantenuto dritta la barra sulle sue proposte ma ha smorzato un po’ i toni. Continua a proporre il suo contratto di governo anche al Pd pur sapendo che in questa fase resta un’ipotesi irrealizzabile, sollecita dem e Carroccio a decidere «da che parte stare» e invita Salvini a scegliere se rimanere ancorato al passato e a Berlusconi.
Il secondo forno (ricordi socialisti) aperto da Di Maio con il Pd, quale possibile alternativa all’accordo con la Lega, però non si scalda. Il veto posto su Matteo Renzi ha irrigidito il partito. Il renziano Ettore Rosato avverte: «Di Maio si rivolge al Pd per aumentare il potere contrattuale con la Lega. È un teatrino» e non una «premessa» per un incontro. Ma un esponente della minoranza come Francesco Boccia non chiude: è ancora «troppo presto» per dare una risposta al M5s ma allo stesso modo blocca chi nel Pd guarda alla nascita del «governo dei perdenti».
Speriamo che il presidente Mattarella con la sua esperienza e autorità riesca a togliere molti grilli dalla testa al giovin signore di Pomigliano d‘Arco, che forse inebriato dal successo non si rende conto che a lungo andare, tirando troppo la corda, questa finisce per spezzarsi. Gli elettori, che sono stati ammaliati dalle sue promesse di reddito di cittadinanza e di «largo agli onesti», ci metteranno poco a convincersi che forse non hanno puntato sul cavallo giusto. E come reagiranno i nuovi eletti grillini, una caterva, che col ritorno alle urne vedranno svanire il sogno della sostanziosa indennità mensile, con la prospettiva concreta di non riuscire a fare il bis a ottobre? Infatti il rinnovato ricorso alle elezioni, auspicato da Salvini, non è detto che torni a vantaggio del M5S, anzi. Gli elettori, soprattutto al Sud, delusi dal miraggio del reddito di cittadinanza, adesso praticamente svanito, possono subito voltare gabbana. Se ne ricordi l’aspirante premier.
La pausa di riflessione imposta dal presidente Mattarella sarà comunque utile per tutti per riassestare le idee.
