Firenze: Mehta emoziona il pubblico (e l’Orchestra) del Maggio Musicale. Sabato 30 il secondo concerto

FIRENZE – L’81° Maggio Musicale Fiorentino si avvia alla conclusione col botto, come i Fuochi di San Giovanni; in attesa del gran finale col «Macbeth» diretto da Muti, il cartellone offre due concerti con Zubin Mehta, tornato a dirigere dopo una pausa per malattia durata molti mesi. Il primo concerto, giovedì 28 giugno, è stato un bagno di folla e d’affetto: il pubblico che riempiva il Teatro del Maggio ha accolto il Maestro con una standing ovation fin dal suo ingresso; l’Orchestra, visibilmente traboccante di felicità, lo ha assecondato con gran trasporto (sui social il primo violino, Domenico Pierini, ha scritto a fine serata: «Vedere Zubin entrare in sala dopo il suo “Io Ritornerò” di molto mesi or sono mi ha spezzato il cuore dall’emozione. Pubblico in piedi e concerto irripetibile»). Dettaglio notevole, considerato che Mehta è ancora sotto terapia, è che ha diretto il non breve concerto in piedi, sprigionando un’energia sorprendente.
C’era il pubblico delle grandi occasioni, con qualche ospite vip (prima fra tutti, la regina Sofia di Spagna), ma soprattutto c’era il pubblico locale, che ricorderà la serata per un pezzo e ora aspetta il secondo e ultimo concerto, sabato 30 giugno. Si prospetta un’altra serata memorabile.
In programma il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in re minore op.15 di Johannes Brahms, solista anche stavolta Sir András Schiff, e la Sinfonia n.5 in re minore op.47 di Dmitrij Šostakovič.
Il Concerto n. 1 in re minore op. 15 ebbe una gestazione difficile, dal 1854 al 1858 (quattro anni di dubbi, ripensamenti, modifiche e richieste di consigli a Clara Schumann e Joseph Joachim) e una fortuna altalenante per una trentina d’anni. Le perplessità dei primi ascoltatori erano dovute alle scelte stilistiche e compositive dell’autore, inconsuete e lontane dalle convenzioni del concerto per strumento solista e orchestra, instaurandosi tra pianoforte e orchestra un un rapporto pressoché paritario, con poco spazio per i virtuosismi del solista.
Šostakovič compose la Sinfonia n. 5, una delle sue composizioni più emblematiche e sofferte, nel 1937. L’anno precedente era stato duramente attaccato sulle colonne della Pravda con l’accusa allora terribile di formalismo (che lo additava come autore di arte borghese nemica del popolo). Aveva appena concluso la sperimentale e complessa Quarta sinfonia e l’aveva chiusa in un cassetto, aspettando tempi migliori. La Quinta fu apprezzata dal regime, che non riconobbe, dietro ai pochi accenni di trionfalismo musicale, la denuncia del compositore. L’ambiguo sottotitolo, «Risposta positiva e stimolante da parte di un artista sovietico a delle giuste critiche», fece pensare evidentemente a una resa, ma era tale solo in apparenza e della musica di regime è più unas parodia che un prodotto genuino. Come osservava Sergio Sablich, «il giubilo che la pervade non è soltanto stridente, ma anche troppo platealmente esibito per essere vero. È, intenzionalmente, l’ottimismo del vacuo e del retorico. Ed è dunque qui che l’irreparabilità della tragedia tocca il suo apice: nella costrizione a doversi fingere a tutti i costi entusiasta, e nel far capire, dietro l’apparenza di un’enfasi convenzionale, quasi volgare, tutto il dramma e la protesta per questa condizione. Il pubblico al quale Šostakovič si rivolgeva avrebbe compreso il messaggio in codice della Sinfonia? Certo che l’avrebbe compreso, avrebbe capito quel che stava succedendo attorno a loro e capito di che trattava la Quinta Sinfonia. Questo, non il compromesso, era il senso del mascheramento».
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (Piazzale Vittorio Gui, 1)
Sabato 30 giugno ore 20
Rimasti biglietti da 40, 50, 60 e 80 euro, in vendita in tutti i punto Box office, in molte edicole e anche online sul sito del teatro (qui senza sovrapprezzo)
