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Lo Spread, cos’è e quali guasti determina un eccessivo innalzamento

Fu nell’ormai lontano 2011, che però non è mai apparso tanto vicino, che la parola spread, fino ad allora quasi ignota al grande pubblico, monopolizzò l’attenzione della politica, dell’economia e della gente, tanto che il suo vorticoso innalzamento, sospinto ad arte dalla finanza internazionale e dalle sinistre, portò alla caduta del governo Berlusconi e alla sfilza dei governi del Presidente decretati da Re Giorgio Napolitano.
Anche oggi, caduti i 4 governi di sinistra, detti del Presidente, che hanno imperato per 7 anni, lo spettro dello spread si riaffaccia, complice la manovra varata dall’esecutivo a guida Lega-M5s, che prevede un ricorso al deficit (e quindi all’indebitamento da parte dello Stato) del 2,4%. Mossa che spaventa chi investe sui titoli emessi dal nostro Paese per finanziarsi.

A questo punto dobbiamo spiegare a noi stessi e a chi ha poca dimestichezza con la finanza in che cosa consiste lo spread e perché viene considerato tanto pericoloso per un Paese quamdo s’innalza oltre certi limiti. Lo facciamo prendendo in prestito un’acuta analisi pubblicata sul giornale online Interris, un articolo firmato da Marcello Volpi.

Dice Volpi: «Ecco, per spiegare (in modo molto semplicistico) lo spread, dobbiamo partire da qui: dalla differenza di vedute fra uno Stato che decide di ricorrere al rischio di impresa (oggi investo più di quanto potrei con l’obiettivo di rientrare della spesa e di guadagnare entro un determinato lasso di tempo) e quanti prestano denaro allo Stato stesso per consentirgli di portare avanti le sue attività. Semplifichiamo ancora: Tizio è proprietario di un bar che incassa 100, per ampliare la sua offerta e arrivare a guadagnare 1000 cacola di dover investire 5000 (per coprire la ristrutturazione dei locali, l’assunzione di nuovo personale, l’acquisto di caffè più pregiati e così via). Si rivolge dunque a una banca, che approva il suo piano e gli eroga il prestito. Se il progetto andrà a buon fine il titolare non solo sarà in grado di restituire capitale e interessi ma anche di arrivare ai 1000 agognati di guadagno nel tempo stabilito. Altrimenti andrà fallito e l’istituto di credito si rifarà sui suoi averi».

«Uno Stato non si comporta tanto diversamente: quando vuole finanziarsi si rivolge alla platea di possibili investitori chiedendo un prestito. Lo fa emettendo sui mercati obbligazioni che vengono acquistate dagli interessati. L’erario fa cassa con il provento dei titoli venduti e garantisce (o almeno tenta di farlo) almeno la restituzione di quanto gli hanno prestato più un eventuale un profitto (attraverso gli interessi) entro un certo tempo. Nel caso dei Buoni poliennali del Tesoro (i cosiddetti Btp) la scadenza (cioè il tempo entro cui l’investitore deve poter rientrare e, forse, fare profitto) è, solitamente, di 10 anni. Con questo sistema un Paese ottiene i soldi necessari per assicurarsi quella parte di liquidità che non può essere coperta dal solo gettito fiscale (cioè dalle tasse incamerate dai suoi cittadini).
Tra il dire e il fare c’è però di mezzo il mare fatto dalle variabili che possono portare uno Stato a non onorare il debito contratto. Si parla, in questo caso, di affidabilità, la quale incide sugli interessi di collocamento. Se un Paese è un cattivo pagatore i potenziali finanziatori (soprattutto banche e società di intermediazione mobiliare ma anche nazioni estere) saranno scoraggiati a investire. Di conseguenza il governo di turno sarà costretto ad alzare gli interessi (cioè il margine di guadagno) per rendere i suoi titoli più appetibili, indebitandosi».

E arriviamo, qui, alla definizione dello spread («ampiezza» in inglese) che non è altro se non la differenza tra il tasso di rendimento dei titoli di un determinato Stato e quello dei Bund tedeschi. Il parametro di riferimento sono i buoni del tesoro teutonici non in base a qualche normativa, ma semplicemente perché in questo momento storico sono considerati i più sicuri. Come si calcola? Si fa la sottrazione tra i due valori senza decimali: il tasso dei Btp di stamani era, a una determinata ora, di 3,54 e quello dei Bund era di 0,53 lo spread era pari a 301 (il risultato di 354 – 53), ma poi è salito ulteriormente. Questo valore diventa così un indicatore sulla base del quale si deciderà se dare credito o meno a un determinato Paese.
L’impennata di questi giorni rispetto ai bond italiani è dovuta al fatto che il nostro esecutivo ha deciso di prendersi un rischio maggiore ricorrendo a una quota maggiore di deficit (quindi emettere più titoli) con l’obiettivo di stimolare la crescita, la quale (a sua volta)consentirebbe di coprire l’indebitamento. Previsione su cui ,oggi, il giudizio dei mercati, pilotati forse ad arte, non è positivo, come accadde nel 2011. ma per ora Mattarella non fa il Napolitano, anche perché non esiste alternativa plausibile, viste le condizioni di sfascio dell’opposizione al governo gialloverde.

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