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117 migranti morti nel Mediterraneo. Procura di Roma archivia, nessuna responsabilità delle Autorità italiane

Ricordiamo tutti la tragedia del 18 gennaio di quest’anno, quando morirono 117 migranti che attraversavano il Mediterraneo, a 50 miglia a nord-est di Tripoli. Per quell’evento la procura di Agrigento, diretta da Patronaggio, aveva avviato un’inchiesta, incriminando non ancora Salvini, come avrebbe fatto in seguito, ma la Guardia Costiera e la Marina Militare che non avrebbero soccorso i disperati che affogavano. Nobile slancio del procuratore a difesa delle vittime. ma la palla è poi passata alla procura di Romas che, esaminando i fatti in modo oggettivo, ha stabilito che i 117 migranti erano morti perché non c’erano navi. Non c’è stata alcuna omissione di’atti d’ufficio.

Era stato il primo naufragio del 2019, un elicottero della Nave Duilio della Marina militare ne salvò tre. Sulle modalità di intervento, come accennato, la Procura di Agrigento aveva aperto un’inchiesta, poi trasferita a Roma per competenza. Il fascicolo è rimasto contro ignoti e ieri è arrivata la richiesta di archiviazione: «L’evento era fuori dalla zona Sar di competenza italiana – scrivono i magistrati – e il primo Mrcc che ha ricevuto la notizia era quello della Libia, anche perchè nessuna chiamata di soccorso è pervenuta alle autorità italiane direttamente da un telefono satellitare il 18 gennaio». In altre parole la responsabilità, dal punto di vista legale, è dei libici. Resta una domanda: si poteva intervenire più celermente?

Prima dell’intervento della nave Duilio – che era a 108 miglia di distanza – quando intorno alle 13 inizia il naufragio, in quella zona c’erano due navi più vicine. A circa 30 miglia si trovava il mercantile battente bandiera liberiana Cordula Jacob che interverrà molte ore dopo. Quel pomeriggio non interviene neanche la nave Lipari della Marina Militare ormeggiata davanti Tripoli. Le regole di ingaggio stabilite nel decreto missioni legittimavano solo il supporto tecnico-logistico a Marina e Guardia Costiera libica. E così è toccato intervenire alla più lontana Duilio.

Sul posto solo a tarda notte arrivano anche la Cordula Jacob e l’onnipresente Sea Watch3, il cui arrivo è stato del tutto inutile. «Esclusa ogni responsabilità penale di tutti i soggetti italiani intervenuti – scrivono i pm – appare esser stata determinante, purtroppo, la circostanza che il gommone sia affondato in un’area nella quale nel pomeriggio del 18 gennaio non vi erano mezzi navali nelle vicinanze e che l’assettopiùvicino, la Cordula Jacob, abbia ritardato, in modo significativo, il proprio intervento». Il cargo avrebbe perso tempo e soldi se avesse tirato su qualche naufrago e questo potrebbe spiegare la lentezza. Per lo Stato italiano la vicenda si chiude, resta aperto un filone di indagine per verificare le eventuali omissioni nell’intervento del mercantile.

Per le convenzioni internazionali, la responsabilità del soccorso spetta alla prima sala operativa che ha ricevuto notizia dell’evento, in questo caso quella libica e questo, secondo la ricostruzione dei pm romani, ha escluso responsabilità delle Autorità italiane. Una decisione che può costituire un precedente anche per le successive vicende in cui sono state implicate le navi Ong.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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