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Pensioni d’oro: tagli fino a 200.000 euro l’anno, ma il ricavo per il Governo gialloverde sarà ridicolo

Abbiamo più volte esposto il sistema di quelli che riteniamo tagli illegittimi alle pensioni più alte, disposti dal Governo, i cui effetti si faranno sentire, sembra, subito dopo le elezioni europee, con la mensilità di giugno 2019. Come se i pensionati salassati, elletori anch’essi, si accorgessero del maltolto da parte di di Maio, Salvini e c solo quando l’assegno viene effettivamente taglieggiato. Lo sanno benissimo invece e hanno già pronte le contromosse sotto forma di decine di migliaia di ricorsi contro la spropositata, in alcuni casi, riduzione delle cifre.

Dalla rivista Il Punto, pensioni e lavoro, che tratta ovviamente in questo momento soprattutto il tema delle pensioni, traiamo una riflessione di Giovanni Gazzoli e Mara Guarino, esperti del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, i quali osservano che, oltre al danno del taglio tout court, i cd. pensionati d’oro subiscono la beffa anche del taglio dell’indicizzazione monstre. I pensionati che ricevono le prestazioni più alte, col Governo Conte, subiscono un danno ingentissimo e se ne accorgeranno in pratica dopo maggio, quando entrerà in vigore anche il taglio delle cosiddette pensioni d’oro, vale a dire delle pensioni d’importo superiore ai 100.000 euro lordi l’anno, così come deciso in Legge di Bilancio. La tabella sottostante ci sembra eloquente.

Tabella 1

Anzitutto, occorre sottolineare che – contrariamente a quanto era stato annunciato all’inizio – di vero e proprio taglio si tratta, perché non c’è alcun ricalcolo delle pensioni sulla base dei contributi versati; e, per giunta, si potrebbe dire che si tratta di un taglio brutale, senza precedenti per percentuale di riduzione e per durata (5 anni). La tabella evidenzia in particolare la riduzione della pensione calcolata sugli importi massimi di scaglione. In pratica, un pensionato che riceve una pensione annua lorda di 130.000 euro, sui 30.000 eccedenti il massimale dei 100.000 euro si troverà un taglio del 15%, ossia 4.500 euro lordi. Con una pensione di 350.000 euro dovrà contribuire per 67.000 euro, somma delle aliquote applicate sui tre scaglioni che compongono la sua pensione lorda; con una pensione pari a 700.000 euro, la riduzione sarà pari a 199.500 euro. Si dirà che si tratta di pensioni elevatissime, che il sacrificio colpisce solo una piccola fetta dei pensionati, ma il loro sacrificio, per di più, non andrà a costituire un fondo per l’incremento di chi ha pensioni basse, ma a dare il reddito di cittadinanza ai nullafacenti.

Tabella 2

I due esperti notano che alle cifre indicate in tabella 1, si devono poi aggiungere i danni dovuti all’indicizzazione, che per queste fasce di pensione sono molto elevati. Anche qui, come ben evidenziato in tabella 2, infatti, i nuovi parametri che calcolano l’indicizzazione all’inflazione determineranno una perdita annuale per coloro che ricevono una pensione di 15 volte superiore al minimo (ossia circa 7.700 euro lordi mensili) di almeno 460 euro all’anno rispetto al vecchio metodo di calcolo, che diventano almeno 660 euro rispetto ai contributi ricevuti qualora l’indicizzazione fosse al 100% dell’inflazione (come applicato, ça va sans dire, nel momento in cui i contributi sono stati versati). Moltiplicato per 20 (cioè gli anni di aspettativa di vita a 65 anni), fanno oltre 13.000 euro che, ricordiamo, si aggiungono al taglio.

Peraltro, i pensionati colpiti sono in realtà molto pochi: 35.642, pari allo 0,22% dei pensionati totali. Dunque, il ricavo lordo per lo Stato, ottenuto moltiplicando le stime del numero di pensionati per la media delle classi di importo annuo lordo della pensione, sarà piuttosto modesto soprattutto se si considera che si tratta, appunto, di pensioni lorde: al netto, il ricavo per le finanze pubbliche si riduce a poco più di 120 milioni l’anno che, con molta probabilità, produrranno costi ben maggiori per lo Stato a seguito dei numerosi ricorsi.

In conclusione gli studiosi aggiungono due ulteriori considerazioni. In primis, è utile specificare che gli stessi parametri saranno applicati anche a coloro che usufruiscono di Quota 100 e di pensione anticipata; in secondo luogo, sottolineano che, anche per il nuovo meccanismo di indicizzazione, il risparmio totale per le casse dell’Erario è contenuto, poiché le percentuali di indicizzazione sono di poco superiori a quelle previste dalla Legge 208/2015 del Governo Renzi. Ne valeva la pena, si chiedono Gazzoli e Guarino?

Noi riteniamo di no, ma questa filosofia è tipica e propria di populisti e sinistra, in particolare del M5S che sui tagli alle pensioni d’oro aveva imbastito anche la campagna elettorale, sostenuto dal bocconiano presidente Boeri, per fortuna sparito dall’orizzonte, e dalle sinistre che hanno sempre cercato di organizzare la caccia al ricco. Ma anche la Lega, pur di conquistare poltrone di Governo, si è adeguata. Sacrificando in questo modo non solo i picchi di pensioni più alte, ma anche gli assegni di coloro che hanno lavorato per una vita, pagando tasse e contributi, e che si vedono derubati per favorire chi ha sempre evaso, non ha pagato contributi o non ha mai lavorato, tranne che in nero.

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