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Province: dopo la Conferenza delle Regioni anche Tria e L’UPI ne rilanciano il ruolo

Dopo che la Lega aveva ritirato fuori dal cilindro la rinascita delle province, sostenendo la loro risuscitazione e proponendo l’elezione di nuovi 2.500 amministratori, trovando l’opposizione degli ormai ex alleati di Governo del M5S, anche il partito delle clientele, attraverso l’organizzazione che riunisce i presidenti delle Regioni, ha voluto dire la sua, naturalmente a favore dell’ampliamento del numero e delle poltrone locali.

Tanto paga Pantalone, le sovrastrutture che sono state crerate nel frattempo, le città metropolitane, gli uffici regionali che hanno incorporato o sostituito quelli provinciali, visto che non c’è stata nessuna diminuzione di personale, nessuno li tocca. E le allegre e dispendiose schiere delle comunità locali continueranno a prosperare e a spendere i quattrini del contribuente.

E’ intervenuto a questo proposito anche il presidente dell’Upi (Unione province italiane) Michele de Pascale : «Apprezziamo le parole di Tria sul dibattito in corso sulle Province: il ministro dell’Economia richiama alla necessità di affrontare in maniera razionale una questione così delicata come la riforma delle istituzioni, fuori dalle polemiche elettorali e con il solo obiettivo di garantire a tutte le cittadine e i cittadini i servizi essenziali. Ci auguriamo che sarà possibile riprendere con questo spirito di collaborazione il confronto con il Governo, così come d’altronde è sempre stato in questi mesi nel tavolo di lavoro sulla revisione della riforma delle Province».

Ma gli enti da ricostituire hanno trovato altri sostenitori: «Noi sosteniamo che la norma va rivista completamente: le Province non possono essere lasciate in questo limbo». E’ stata la posizione della Conferenza delle Regioni, espressa da Donato Toma governatore del Molise. «Le Province devono essere rilanciate – ha affermato Toma – Poi, i temi strettamente politici restano fuori dalla Conferenza delle Regioni. Ma le Province non possono rimanere nello stato in cui si trovano. In ogni caso alcune Regioni si sono organizzate e hanno messo su un modello di organizzazione delle funzioni e dei finanziamenti di ciò che prima era di competenza provinciale: quei modelli devono rimanere acquisiti».

Lapidario invece il vicepremier Luigi Di Maio: «Nessuno riuscirà aconvincermi che ripristinando 2.500 consiglieri provinciali riusciremo a migliorare strade e scuole. In questi anni le Province hanno prodotto scartoffie, cavilli, complicano la vita.Dobbiamo eliminare gli enti inutili. I dipendenti si trasferiscono. Ho trovato uno Stato complicato».

La diatriba continuerà su questa falsariga, così come per due anni a partire dal 2011 fino alla sconclusionata legge Delrio che ha riorganizzato gli enti, abolendoli senza eliminarli. Così si sono venute a creare duplicazioni, è restato sostanzialmente l’esistente e adesso si vuole riaggiungere il preesistente, ripristinando posti di governo e sottogoverno a go go, ampliando l’elefantiasi degli enti locali. Mai, ad esempio, che qualcuno proponga di ridurre o limitare le straripanti regioni, fonti spesso di sperperi e sprechi.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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