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Carcere: Antigone, peggiorano le condizioni di vita, non ci sono skype, internet e la tv va spenta a mezzanotte

ROMA – Peggiorano le condizioni di vita nelle carceri italiane. A denunciarlo è il Rapporto di metà anno redatto da
Antigone e presentato oggi, che riporta alcuni dati. Nel 30% delle carceri visitate non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i propri figli. Solo nell’1,8% delle carceri vi sono lavorazioni alle dipendenze di soggetti privati. Nel 65,6% delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via Skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3% delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet. «La vita peggiora anche perché alcune recenti Circolari hanno previsto dei cambiamenti in peggio poco giustificabili soprattutto nella stagione estiva, quale ad esempio l’obbligo di tenere spenta la televisione dopo la mezzanotte – osserva Antigone – Non permettere ai detenuti di guardare la tv quando fa caldo, si fatica a prendere sonno e durante il giorno si è sempre stati nella cella a oziare significa contribuire a innervosire il clima generale».

DETENUTI – Quasi la metà dei detenuti italiani presenti nelle carceri, 26.655 pari al 44% del totale, proviene sole quattro regioni meridionali più popolose: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. E spesso chi finisce in carcere arriva da situazioni di povertà economica e culturale. Se si sommano gli stranieri e i detenuti provenienti dalle quattro regioni meridionali più popolose si arriva al 77% del totale dei detenuti. Se si aggiungono anche i detenuti provenienti da Sardegna, Basilicata, Abruzzo e Molise si supera l’80%. Tutto il resto del Paese, rileva il Rapporto, tendenzialmente più ricco, produce un quinto della popolazione detenuta, pur costituendo circa i due terzi dell’Italia.
Oltre mille detenuti sono analfabeti, di cui ben 350 italiani. In Italia gli analfabeti sono lo 0,8%. In carcere la percentualeraddoppia. Inoltre ben 6.500 detenuti, più del 10% del totale, hanno solo la licenza elementare. I laureati sono poco più dell’1% (698), mentre nella società libera sono il 18,7%. “Investire sull’educazione e sul  welfare costituisce una forma straordinaria di prevenzione criminale. Nei tempi brevi non produce consenso. Nei tempi lunghi produce sicurezza”, sottolinea Antigone.

DETENUTI STRANIERI – Al 30 giugno 2019 i detenuti stranieri nelle carceri italiane sono il 33,42% della popolazione reclusa. Erano il 33,95% sei mesi fa e il 35,19% sei anni fa, al tempo della sentenza di condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso Torreggiani. Ed erano il 37,10% dieci anni fa. I dati aggiornati sono
contenuti nel rapporto di metà anno sulle carceri italiane redatto da Antigone e presentato oggi. Gli stranieri si concentrano in alcune regioni. Il Lazio ne ospita 2.515, ossia un ottavo del totale; la Lombardia addirittura 3.723, ossia più di un quinto del totale. Un decimo è in Piemonte. La Sardegna è usata quale contenitore di detenuti stranieri, così disancorandoli dai territori di vita precedente. Costituiscono l’80% a Is Arenas e il 78% a Nuoro.
“È evidente la sopravvalutazione mediatica del tema. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% degli stessi finiva in carcere, oggi la percentuale è scesa allo 0,36%”, rileva Antigone. Le nazionalità più rappresentate sono quella marocchina (18,7% del totale degli stranieri), rumena e albanese (12,4%), tunisina (10,1%), nigeriana (8%). Un dato molto basso è quello dei siriani (0,3%). Superiore è quella dei polacchi (0,7%), pari a quello dei russi. Il rapporto mette poi in evidenza il caso dei rumeni, definito “eclatante”. “Oggi sono 2.509. Erano 3.661 nel 2013. Oggi rappresentano lo 0,21% del totale dei rumeni presenti in Italia (circa 1 milione e 200 mila persone). Sono diminuiti in percentuale di più di un terzo. È questo l’effetto dell’integrazione e delle seconde generazioni”.

PERMESSI PREMIO – Nel primo semestre del 2019 sono stati concessi 19.610 permessi premio, una media di 0,3 a persona considerando il numero dei detenuti presenti alla fine del periodo, un dato stabile negli ultimi anni. È invece assai variabile la percentuale delle concessioni nelle varie regioni italiane. In termini assoluti, la regione che ha visto concedere più permessi è stata di gran lunga la Lombardia (7.902), seguita dal Piemonte (1.412), dalla Toscana (1.247) e dalla Campania (1.208). Anche considerando il dato in relazione alle presenze la Lombardia stacca le altre regioni, con una media di quasi un permesso a detenuto (0,9). La seguono Umbria (mezzo permesso a detenuto: 0,5) e Liguria e Sardegna (entrambe 0,4). In Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta nei primi sei mesi dell’anno sono stati concessi 0,1 permessi premio ogni persona detenuta. Tale disomogeneità è il segno di una pari disomogeneità culturale tra i diversi operatori e magistrati di sorveglianza.

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