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Strasburgo: La Corte Europea dei diritti dell’Uomo decide sul 41 bis, il carcere duro per i boss

STRASBURGO – Dall’inutile e spesso dannosa Europa potrebbe cadere un’altra tegola sull’ordinamento italiano, l’eliminazione dell’art. 41 bis del codice penale, il carcere duro per i boss mafiosi, voluto a suo tempo da Falcone e Borsellino. martedì prossimo la sentenza della Corte di Strasburgo. Allo stato attuale mafiosi e terroristi responsabili di omicidi e stragi devono scontare la propria pena in carcere. Sembra un’ovvietà, ma da lunedì potrebbe non esserla più. L’ordinamento italiano beneficia infatti di uno strumento importantissimo, fortemente voluto dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e altrettanto strenuamente osteggiato dai mafiosi capimafia: l’ergastolo ostativo. Non per caso Totò Riina lo inserì in cima al ben noto “papello” – consegnato dopo le stragi del 1992, oltre al 41 bis (cioè il carcere duro per i boss).

L’ergastolo ostativo – conosciuto con il termine di 41 bis dell’ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n. 354)- in una parola è una sorta di “lucchetto” che può applicarsi alla cella di mafiosi e terroristi quando la pena loro comminata prevede la reclusione a vita: il cosiddetto “fine pena mai”. Pur tuttavia nel nostro ordinamento (anche) chi viene condannato all’ergastolo ha diritto ad alcuni benefici (come la semilibertà) e può usufruire di permessi-premio. Se durante la detenzione ha tenuto una buona condotta e un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, dopo 26 anni di carcere può essergli inoltre concessa la libertà condizionale.

E così veniamo al punto. Il potenziale rischio insito nelle maglie di questa norma è venuto clamorosamente allo scoperto in seguito al ricorso presentato alla Corte Europea di Strasburgo (CEDU) da un ergastolano – si tratta di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi – ricorso accolto dalla Corte che in più ha censurato il comportamento del nostro Paese. Una sentenza che lascia a dir poco perplessi: se infatti in questo caso la Cedu ha censurato l’Italia, in più di un’occasione la stessa Corte ci ha condannato per non aver a sufficienza tutelato le vittime, omettendo di apprestare sufficienti e concrete misure preventive e protettive contro persone che già si erano rese capaci di delinquere.

Ma se un mafioso, un terrorista, ha più volte dimostrato la sua crudele e reiterata azione, come si fa a difendere le sue vittime se non proprio servendosi dello straordinario strumento dell’ergastolo ostativo? A chi sostiene che inevitabilmente esso condanni il mafioso o il terrorista a morire in carcere, vorrei ricordare che non è così. C’è un modo, molto semplice, per evitare di rimanere in carcere a vita e usufruire dei benefici offerti dalla legge: collaborare con la Giustizia, mostrando nei fatti di volersi pentire.

Ora la parola passa alla “Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo”, che dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dal governo italiano. Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e Giggino Di Maio hanno già fatto trapelare tutta la preoccupazione per la decisione che sarà presa.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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