Salerno: inchiesta Genesi, un pentito racconta come la massoneria corrompeva i magistrati

FOTO FRANCO SILVI/ANSA
SALERNO – Andrea Mantella, ex killer del clan vibonese dei Lo Bianco e oggi collaboratore di giustizia, è imparentato con il clan Giampà di Lamezia Terme, (ero il cognato di Pasquale Giampà, alias buccaccio, quello che è stato ucciso, afferma a verbale), e ne parla a lungo coi magistrati di Salerno titolari dell’inchiesta Genesi, quella che ha coinvolto Marco Petrini, presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro.
I pm, come riporta il Corriere della Calabria, gli chiedono dei collegamenti tra Pasquale Giampà, detto tranganiello, e i magistrati. «Tranganiello praticamente era un massone, aveva entrature nella massoneria, e avrebbe avuto un socio, non lo so se era un socio occulto, che lavorava in magistratura», dice il pentito. Un rapporto, presunto, che Mantella avrebbe sfruttato per attenuare la sua pena in un processo. «Mio cognato Antonio Franzé – afferma – mi ha detto praticamente nel carcere di Siano quando io facevo il colloquio, mi ha detto stai tranquillo che abbiamo speso un patrimonio…». In questo caso, stando al pentito, in un processo per tentato omicidio in concorso, l’avvocato che avrebbe fatto da intermediario gli avrebbe riportato la proposta di un giudice: «O 24 anni al complice e Mantella lo facciamo uscire per un concorso in tentato omicidio, una cavolata, oppure 12 anni ciascuno». Il tutto sempre in cambio di soldi. Proprio a questi fatti forse si riferiva il procuratore Gratteri quando parlava di corruzione di magistrati.
