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Morte Martina Rossi: via al processo d’appello per due imputati

Dal profilo Facebook una foto di Martina Rossi, morta a 20 anni a Palma di Maiorca

FIRENZE – E’ cominciato davanti alla Corte d’Appello di Firenze il processo per la morte di Martina Rossi, la ventenne studentessa che precipitò dal balcone di una camera al sesto piano dell’hotel Santa Ana a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011. Sono imputati due giovani 27enni di Castiglion Fibocchi (Arezzo), Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, che devono rispondere solo del reato di tentata violenza sessuale di gruppo perchè il 29 novembre scorso la Corte d’appello dichiarò estinta per prescrizione l’accusa di morte come conseguenza di altro delitto.

La prima presidente di sezione della Corte, Angela Annese, per evitare che anche il secondo reato cadesse in prescrizione, che dovrebbe scattare tra circa 10 mesi, ha anticipato a oggi l’udienza, che era prevista inizialmente nel settembre prossimo, potendo rimodulare il calendario delle udienze perchè è stato assegnato un altro consigliere alla sezione stessa. Nel corso dell’udienza odierna è stata respinta dai giudici l’eccezione di nullità presentata dall’avvocato Stefano Buricchi, difensore di uno dei due imputati, che contestava proprio la nuova calendarizzazione e anche la violazione del principio del giudice naturale, in virtù della sostituzione di due componenti del collegio giudicante.

Nel giudizio di primo grado, il 14 dicembre del 2018, i giudici del Tribunale di Arezzo avevano inflitto ai due imputati una condanna a 6 anni di carcere, riconoscendoli colpevoli di morte come conseguenza di altro reato e tentata violenza di gruppo, e stabilendo quindi una pena di 3 anni per ogni reato.
Secondo la ricostruzione della Procura al processo di Arezzo, al ritorno dalla notte in discoteca, Martina Rossi sarebbe salita in camera dei due giovani di Castiglion Fibocchi perchè nella sua stanza le amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi della comitiva di aretini e avevano formato due coppie.
Secondo l’accusa, la giovane sarebbe stata oggetto di un tentativo di stupro, come proverebbe il fatto che i pantaloncini le erano stati sfilati e non furono mai ritrovati, e come proverebbero i graffi al collo di Albertoni. Poi, sempre secondo il pm e i legali della famiglia Rossi, Martina avrebbe tentato una fuga disperata: vide il muretto sul balcone che separava la stanza dei due giovani da un’altra e lo considerò la via di fuga ideale, ma in preda alla paura
successiva all’aggressione e tradita dalla scarsa vista, poiché era miope e non aveva gli occhiali in quel momento, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto, quasi sulla verticale del muretto stesso.

Il muretto che separava le due camere, un divisorio di circa un metro di altezza e quaranta centimetri di larghezza, secondo i legali della difesa, Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, avvocati rispettivamente di Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, sarebbe stata, invece, la prova del suicidio della giovane perchè – questa è la tesi sostenuta durante tutto il dibattimento – poteva essere scavalcato con facilità, e se Martina Rossi avesse voluto scappare, avrebbe potuto farlo senza grosse difficoltà.

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