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E’ morto Paolo D’Elia, già ingegnere capo del Comune. Una vita per Firenze e per l’Arno

L’ingegner Paolo D’Elia, scomparso a 82 anni

FIRENZE – E’ morto a 82 anni, dopo una lunga malattia che gli aveva inibito l’azione e la parola, Paolo D’Elia, a lungo ingegnere capo del comune di Firenze, ma soprattutto grande esperto e appassionato dell’Arno e dell’acquedotto dell’Anconella. D’Elia ha rappresentato l’Istituzione con la maiuscola per capacità e competenza in tutto ciò che rappresentava l’acqua ma anche tutte le opere pubbliche fiorentine . Figlio di Aldo D’Elia, segretario generale del Comune negli anni Cinquanta e Sessanta, Paolo è stato a lungo un punto di riferimento per varie amministrazioni che si sono succedute in Palazzo Vecchio.

Nel 1985 fu l’ideatore del famoso tubone finanziato dalla Protezione civile di Zamberletti, capace di salvare Firenze dalla sete portando l’acqua dai laghetti dei Renai di Signa fino all’acquedotto di Mantignano, ma in moltissime altre occasioni il suo impegno e la sua esperienza sono stati fondamentali per risolvere situazioni delicate per la città.

Eugenio Giani ricorda così la figura di Paolo D’Elia: «La sua scomparsa lascia il vuoto di un’amarezza e dispiacere profondo che voglio trasmettere alla moglie Giuliana, che lo ha accompagnato dedicandosi a lui per tutto il decorso di questa malattia rara che ne ha inibito l’azione e poi la parola per lunghi anni. Nella mia lunga esperienza di uomo della pubblica amministrazione fiorentina e regionale, Paolo rappresenta il dirigente, l’ingegnere capo, come lui amava farsi chiamare, di maggiori capacità e straordinario esempio per i suoi colleghi. Ricordo le tante opere pubbliche passate dall’indirizzo politico alla possibilità di realizzazione
grazie al suo impegno e capacità tecnica e organizzativa. Infrastrutture fondamentali come la tramvia iniziarono l’iter il
17 maggio 1993 quando Paolo dirigeva i lavori pubblici del Comune di Firenze. Insieme a lui ricordo nel 1994 le riunioni a Venezia
nell’abitazione del professore Ricci per confrontare progetti e modelli del Palazzo di Giustizia che oggi è in funzione a San
Donato di Novoli. E ancora l’edilizia scolastica, l’emissario in riva destra e sinistra d’Arno connesso al depuratore di San Colombano, la ristrutturazione del Forte Belvedere e dell’Istituto d’Arte di Porta Romana. Tutti interventi che, in misura maggiore o minore portano la sua firma e la sua responsabilita». Paolo D’Elia aveva voluto rivendicare anche la nascita della Canottieri Comunali, la società sportiva che lo ha visto presidente. Sicuramente lascia un segno indelebile a Firenze.

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Paolo D’Elia era mio parente alla lontana: suo babbo Aldo, importante dirigente comunale, mi regalava pacchi di caramelle ogni volta che lo andavo a trovare, con i miei genitori, nell’austero ufficio di Palazzo Vecchio. Ma il rapporto con Paolo è stato, per decenni, anche di tipo professionale. Scrivevo di tutto su La Nazione, ma l’Arno era diventato il mio chiodo fisso fin dai giorni dell’alluvione. E Paolo, ingegnere capo del Comune, era l’interlocutore principale. Non si arrabbiava quando criticavo e attaccavo, non tanto lui, quanto l’operato del Comune. Con pazienza, passava ore a cercare di spiegarmi. Nel 1985, in piena emergenza siccità, il giornale mi mandò al seguito della spedizione fiorentina a Roma, alla Protezione civile, per vedere se si trovava una soluzione. Quella spedizione era guidata dall’allora prefetto, Giovanni Mannoni, sicuramente un grande, e c’era naturalmente Paolo D’Elia che aveva il progetto del tubone, finanziato da Zamberletti con 10 miliardi di lire e costruito a tempo di record dalla Snam.

Tre anni dopo, nel 1988, fu Paolo D’Elia a far parte della «mia» spedizione, ossia dell’affascinante discesa dell’Arno, dal Falterona a Marina di Pisa, voluta da un grande direttore de La Nazione, Roberto Ciuni. C’erano undici professori dell’Università di Firenze e c’era D’Elia che fece scortare i nostri gommoni dalle veloci imbarcazioni dei suoi Canottieri Comunali. Era un punto di riferimento, Paolo D’Elia, per Firenze e per tutti gli amministratori che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Ma lo era, sicuramente, anche per me.

Sandro Bennucci 

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