L’allarme lo ha lanciato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ed è stato autorevolmente ripreso da uno dei più competenti giornalisti sportivi in attività di servizio, ossia il direttore di Tuttosport, Xavier Jacobelli: il Cio, Comitato olimpico internazionale, che si riunirà il 27 gennaio a Losanna, potrà sospendere l’Italia dalle competizioni internazionali, quindi anche dai Giochi di Tokio. Il problema? Quel pasticcio combinato dal governo Conte che, voglioso di manifestare il proprio potere e probabilmente di moltiplicare poltrone, ha minato l’autonomia del Comitato olimpico nazionale. Se non si correrà ai ripari in fretta, riallineando l’impianto normativo italiano ai princìpi enucleati dalla Carta Olimpica internazionale, l’Italia, settima potenza sportiva mondiale per i risultati ottenuti nel 2020, nonostante la pandemia, sarà bandita, esclusa dalle competizioni. Con gravissimo danno per l’immagine del Paese, che si è guadagnato l’onore di ospitare le Olimpiadi invernali del 2026, a Milano e Cortina, ma anche per i sacrifici dei 210 atleti già qualificati per Tokio e per gli altri che otterranno il pass a partire dalle prossime settimane.
Finora è stato lo stesso Malagò, come giustamente sottolinea Jacobelli, a evitare il peggio. Ma nel prossimo vertice di Losanna non basteranno le buone istanze del presidente del Coni, se non arriveranno atti ufficiali di un governo che ha manifestato profonda incompetenza su quasi tutto (gestione della pandemia compresa), ma che continua a ignorare un problema che potrebbe risultare devastante anche per l’uscita dall’emergenza economico-sanitaria e per il ritorno a quella normalità che tutti abbiamo auspicato scambiandoci gli auguri all’arrivo del 2021. Da fiorentino, potrei passare per simpatizzante di Renzi (che conosco fin da quando mi portava, in cronaca, a La Nazione, i comunicati dei giovani Popolari di cui era leader in Toscana), dicendo che il governo Conte, così com’è, non può andare avanti. Ma preferisco volare più in alto: ricordando un altro mio concittadino che ho avuto l’onore di frequentare, oltre 50 anni fa, a Coverciano, muovendo i primi passi in questa professione: mi riferisco ad Artemio Franchi. Che volle, e seppe, tenere la Federazione gioco calcio fuori dalle mire, e dalle grinfie, della politica. Franchi, com’era ovvio, aveva contatti quotidiani con Palazzo Chigi e con i ministeri, ma rifiutava infiltrazioni e condizionamenti. Nel 1973, durante la crisi petrolifera, quella delle domeniche a piedi, riuscì a far continuare i campionati e a riempire gli stadi con un semplice suggerimento al governo dell’epoca, che non ci aveva pensato: permettere il noleggio dei bus privati. L’uovo di colombo? Probabilmente sì, ma efficacissimo. E penso a quanto sia mancato un Artemio Franchi, con le sue intuizioni e la sua capacità, in una situazione drammatica come quella generata dal Covid 19.
Ecco, invitando Malagò a continuare nella sua lotta per l’indipendenza dello sport italiano dalla politica, e affiancandomi a Xavier Jacobelli, mi auguro che il premier Giuseppe Conte e il ministro dello sport, Vincenzo Spadafora, che non ha mai perso occasione per andare sotto i riflettori a dettare regole sbandierando la sua delega, possano scrivere, rapidamente, le righe necessarie di un decreto capace di ridare la giusta autonomia al Coni e di evitare all’Italia quella figura che il buon Xavier, da gentiluomo della professione, definisce solo di… melma.
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