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Covid: variante inglese infetta il 37% in più. La Faq dell’Istituto superiore di sanità

ROMA – La variante inglese del Covid ha una capacità d’infezione superiore del 37% (con punte fino al 60%) rispetto al virus di prima generazione. Lo scrive in una Faq (ossia la risposta a una domanda posta più frequentemente) l’Istituto superiore di sanità: «In Italia – si legge – si è stimato che la cosiddetta variante inglese del virus Sars-CoV-2 ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica tra il 18% fino ad arrivare a punte del 60%».

La nota dell’Istituto superiore di sanità (ISS) figura in un aggiornamento delle Faq sulle varianti sul proprio sito. «La stima – si legge -, è stata ottenuta da uno studio di Iss, ministero della Salute, Fondazione Bruno Kessler, Regioni/Province autonome. Questi valori sono in linea con quelli riportati in altri Paesi, anche se leggermente più bassi. La stima induce a considerare l’opportunità di più stringenti misure di controllo che possono andare dal contenimento di focolai nascenti alla mitigazione»

Nella Faq viene descritto anche il metodo usato per calcolare la trasmissibilità. «La stima della trasmissibilità relativa del mutante Gb è stata effettuata tramite un modello matematico basato sui dati di due ‘flash survey’ condotte nelle scorse settimane sulla prevalenza della variante inglese – prosegue il testo – insieme a quelli dei ricoveri di 10 regioni. Le stime sono state fatte utilizzando diversi metodi matematici che hanno dato risultati consistenti tra loro».

faq, Istituto superiore di sanità, variante inglese


Ernesto Giusti


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