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La prima migrazione di massa in Italia. 20.000 albanesi giunsero a Bari nel 1991 sulla nave Vlora, ma furono subito rimpatriati

Vlora
LUCA TURI / ANSA

L’8 agosto 1991 una malandata nave albanese, la Vlora, carica di ventimila persone in fuga dalla patria, giunse nel porto di Bari, e apparve come un formicaio brulicante, un groviglio indistinto di corpi aggrappati gli uni agli altri. Le operazioni di attracco furono difficili, qualcuno si buttè in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, molti urlarono in coro ”Italia, Italia” facendo il segno di vittoria con le dita.

La Vlora era un vecchio mercantile costruito all’inizio degli anni Sessanta a Genova. Il 7 agosto 1991 la nave, di ritorno da Cuba, arrivò al porto di Durazzo, nella stiva diecimila tonnellate di zucchero. Mentre erano in corso le operazioni di scarico, una folla enorme di migliaia di persone assalì improvvisamente il mercantile, costringendo il capitano Halim Malaqi a fare rotta verso l’Italia. A Bari, dopo lunghissime operazioni di sgombero del porto, gli albanesi vennero sistemati sul campo dello Stadio San Nicola, sotto un sole cocente. Alcuni si dispersero, ma alla fine, secondo i resoconti dell’epoca, oltre 17 mila persone vennero prima smistate in varie città d’Italia e poi rimpatriate.

Trent’anni dopo lo sbarco della Vlora nel capoluogo pugliese, alcuni di quei 20 mila profughi partiti dall’Albania portando con sé solo speranza e sogni, sono diventati artisti, professionisti, imprenditori di successo.
E’ interessante, proprio oggi, la ricostruzione che Vincenzo Scotti, allora ministro dell’interno del governo Andreotti VII, fa di quell’evento: ” stava crescendo a Roma la paura che la situazione ci stesse sfuggendo di mano e che se non avessimo accelerato l’attuazione degli accordi con il governo albanese, la situazione sarebbe diventata ingovernabile”.

Scotti racconta il tentativo – fallito – di coinvolgere la comunità europea: “Insieme ai colleghi De Michelis e Boniver, riflettemmo sulla nostra strategia nei confronti dell’immigrazione andando oltre l’orizzonte albanese. Pur consapevoli che ad agosto a Bruxelles non sarebbe stato facile rintracciare molte persone, cercammo di metterci in contatto con le autorità della Comunità Europea. All’incontro con i colleghi a Bonn mi sforzai di spiegare innanzitutto che quella albanese non era una questione italiana, e che occorreva definire una iniziativa europea. Su questo punto la risposta fu negativa”.
Allora il Governo, che in realtà aveva titubato sul da farsi, distribuì i 20.000 albanesi in tutt’Italia, le prefetture organizzarono l’accoglienza, ma dopo 24 ore venne l’ordine di recuperarli tutti, caricarli sugli autobus e portarli in vari aeroporti dove l’Aeronautica militare aveva predisposto già gli aerei per rispedire gli albanesi a casa loro.

Ricordo perfettamente quell’agosto memorabile del 1991, che ha segnato la storia delle immigrazioni in Italia e in Europa. Ci venne l’ordine dal ministero di organizzare l’accoglienza, a Firenze toccarono un migliaio di persone, che furono distribuite in vari alberghi, A tutti furono consegnati generi di conforto e abiti. La nostra fortuna fu che avevamo a disposizione una partita enorme di scarpette rosse da ginnastica, e poi spiegherò il perché. Dopo le visite mediche a Costa San Giorgio, gli albanesi di sentirono tranquilli, ospitati nell’accogliente Firenze del centrosinistra al potere al centro e in periferia, Ma il Governo cambiò rapidamente atteggiamento e, nella notte, venne dato l’ordine di recuperare gli ospiti e di portarli all’aeroporto di Pisa, dove li attendevano gli aerei c137 dell’aeronautica militare che li avrebbero riportati in Albania. Organizzammo in gran segreto tutte le operazioni insieme al Capo di gabinetto Carmelo Aronica e al questore Nunzio Rapisarda.

Nelle interviste ai giornali e alle Tv ovviamente il fatto fu celato, si narrava solo la favola dell’accoglienza dei 20.000 di Bari. Riuscimmo a recuperare gli ospiti proprio grazie alle scarpette rosse che tutti indossavano, per cui anche quelli che erano usciti dagli alberghi per fare una giratina in città furono acchiappati e portati a Pisa. Un’operazione militare in piena regola.

E’ interessante ricordare quest’episodio che ci fornisce due insegnamenti fondamentali. Il primo che la comunità albanese (allora nel 1991 gli albanesi venivano dipinti come sporchi e cattivi) si è ormai integrata perfettamente, salvo rari casi di appartenenza alla criminalità. Il secondo che, come ha notato l’ex ministro Scotti, in 30 anni quasi nulla è cambiato. Il Governo, a differenza di allora, cala le brache di fronte all’invasione di barconi e di Ong, ma soprattutto l’inutile Ue, ora come allora, se ne frega del problema, non riesce ad organizzare una politica dell’accoglienza e di redistribuzione dei migranti. E’ cambiata solo la rotta, da quella Durazzo-Bari si è passati a quella Libia-Tunisia-Sicilia, ma non abbiamo imparato quasi nulla dall’esperienza del passato, anzi.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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