La Sorbona lancia l’idea: città a misura d’uomo. Come Firenze fino a metà anni Ottanta

Dal genio dei parigini, e dalla loro culla dell’ingegno, l’Università della Sorbona, arriva la grande idea: modellare le città a misura d’uomo. Nel senso che tutto quello che serve dev’essere a non più di un quarto d’ora a piedi da casa: lavoro, negozi, strutture sanitarie, scuole, impianti sportivi, spazi culturali, bar e ristoranti. Lo chiamano la città dei 15 minuti: un concetto elaborato dall’urbanista franco-colombiano, appunto professore alla Sorbona, Carlos Moreno, inserito l’anno scorso nel programma elettorale della sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, e riproposto, con la bramosia di agguantare una novità pur di non preoccuparsi dello sfacelo che si ritrova a gestire, dal neo-sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. A me tutto questo ricorda qualcosa di familiare, e naturalmente già visto e vissuto. Dove?
LAVORARE E GODERE – Andiamo avanti: la città dei 15 minuti vuole riportare nei quartieri delle metropoli tutto quello che serve per vivere e lavorare, e che l’urbanistica del 900 ha spostato nelle periferie o nell’hinterland. Entro un quarto d’ora a piedi da casa, il cittadino deve poter trovare quelle che Moreno chiama le 6 funzioni urbane essenziali: vivere, lavorare, fornire, curare, imparare, godere. Ovvero: luoghi di lavoro (anche in coworking), negozi, ambulatori, scuole, impianti sportivi, spazi culturali, luoghi di aggregazione. In pratica, è la negazione della maggior parte dell’urbanistica del Novecento, che ha separato le abitazioni dai luoghi di lavoro e dai servizi, imponendo alla gente di spostarsi in auto o in mezzo pubblico. Scelta che poteva avere un senso quando le fabbriche erano altamente inquinanti, ma che oggi genera solo traffico, polveri sottili e gas serra.
VITA IN BUS – La situazione poi è stata aggravata dall’arrivo dei grandi centri commerciali, che hanno decentrato lo shopping fuori città. Il risultato è che oggi i cittadini sono costretti a passare un pezzo consistente della loro vita rinchiusi nelle automobili, nei bus e nelle metro. La città dei 15 minuti vuole ripensare l’assetto urbano per ritornare al quartiere, alla vita sotto casa e alla socializzazione. Vuole ridurre gli spostamenti in auto e quindi il numero dei veicoli, trasformando i posteggi in isole pedonali e luoghi di aggregazione, moltiplicando gli usi degli edifici (il cortile di una scuola che nel finesettimana diventa parco giochi).
FIRENZE – E qui torno alla domanda che ho posto alla fine del primo capoverso. Quale città era a misura d’uomo, dove facendo giusto due passi, e camminando assai meno dei 15 minuti paventati dal professor Moreno, si poteva avere tutto a portata di mano? Naturalmente a Firenze: dove dagli anni Cinquanta al 1985-86, il centro storico, oltre ad essere lo scrigno mondiale dell’arte e della cultura, cultura era una risorsa fantastica, l’ideale per vivere e fare tutto quello che era necessario. A pochi metri dalla Cupola del Brunelleschi, da Palazzo Vecchio, dal David di Michelangelo e dalla Venere del Botticelli, c’erano le botteghe a conduzione familiare, dove trovavi tutto e a qualsiasi ora. E se era necessario ti portavano la spesa a casa. C’erano le botteghe artigiane, dove si costruiva e si riparava qualsiasi cosa. Chiamare un fabbro, un falegname, un elettricista era semplicissimo: una telefonata e arrivava.
PENTACAMERE – Ma soprattutto, quella città organizzatissima dove c’era ogni ben di Dio a portata di mano, era popolata. La gente viveva in centro: dove gli affitti erano ancora sopportabili per chi poteva contare solo su uno stipendio o una pensione. Ecco il punto nodale: gli affitti. Già dopo l’alluvione del ’66 non pochi fiorentini si fecero abbagliare dai nuovi appartamenti pentacamere in periferia o nell’interland: Novoli, Casellina, Scandicci, Bagno a Ripoli e via andare. Poi, spinti dai rincari delle società che avevano soppiantato i vecchi padroni di casa, cominciarono a fuggire anche coloro che avevano resistito. Quindi il colpo finale: affitti alle stalle anche per i fondi commerciali. Fuga di bottegai e artigiani. E centro storico spopolato. Per diventare preda delle multinazionali vogliose di acchiappar turisti. Fine della Firenze a misura d’uomo. E spazio alla città vetrina. Senza che nessuna amministrazione comunale abbia saputo (e voluto) evitare lo sfacelo. Una città vetrina poi messa in ginocchio dal covid. E ora un po’ ringalluzzita dal ritorno del turismo mordi e fuggi. Che porta poco e danneggia molto. E si arriva all’oggi, con la notizia parigina esaltata dal nuovo sindaco romano: bisogna rendere le città a misura d’uomo, tutto a 15 minuti da casa. Com’era la Firenze di una volta. Forse proprio quella che potrebbe aver ispirato il professore della Sorbona.
