Pensioni e gender gap, gli assegni rosa sono inferiori in media del 27% a quelli degli uomini
Governo e sindacati, nel quadro delle discussioni sulla riforma delle pensioni, sono d’accordo su un fattore importante, dare un futuro ai giovani, che rischiano di avere a disposizione pensioni minime, e intervenire sulle pensioni delle donne, da un lato agendo sull’età pensionabile, con l’approvazione dell’opzione donna, dall’altro arrivando al riequilibrio degli assegni, visto che esiste anche un gender gap nelle pensioni. A fine 2020 le donne costituivano il 52% dei 16 milioni di pensionati in Italia, ma hanno percepito un assegno medio inferiore del 27% rispetto agli uomini, ai quali è stato erogato il 56% dei redditi pensionistici.
Sono dati che emergono dalle analisi dell’Inps, illustrati nel corso del convegno “Donne e pensioni”, organizzato dal laboratorio su diversità e disuguaglianze di genere “Minerva” del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’università La Sapienza.
Ma la situazione di disparità non esiste soltanto in Italia. Un recente rapporto della Commissione europea rivela che le pensioni maschili sono circa il 40% più alte di quelle femminili e che ci sono forti differenze tra i paesi. Ci sono per esempio punte del 45-46 per cento in Olanda e Germania e soglie al di sotto del 15 per cento in vari stati dell’Est europeo
Con questo non vuol dire che mal comune è mezzo gaudio, ma quanto alle cause delle differenza citata, almeno in Italia, rileviamo che sono gli uomini a scegliere in misura maggiore la pensione anticipata: una differenza legata al fatto che l’anzianità contributiva richiesta è spesso difficilmente raggiungibile dalle donne a causa della discontinuità delle carriere.
Come rilevato dalla relazione del presidente Inps Pasquale Tridico, non solo il 46% delle donne lavora part-time (18% degli uomini) spesso non per scelta reale ed e’ percettore di salari più bassi, ma le carriere femminili sono fortemente influenzate dalla nascita dei figli. A 15 anni dalla maternità i salari lordi annuali delle madri sono di 5.700 euro inferiori rispetto alle donne senza figli al periodo antecedente la nascita e le settimane lavorate in meno all’anno sono 11.
A scegliere “quota 100” sono stati per lo più uomini; le donne sono una porzione piccola, ma con carriere contributive molto alte. Per i lavoratori si tratta di un importo inferiore alla media della pensione anticipata (2.200 contro 1.960), mentre per le lavoratrici è sostanzialmente lo stesso (sempre poco meno di 1800 euro). La pensione media di chi ha scelto “Opzione donna” (lavoratrici con redditi bassi) è invece di circa 800 euro, meno della metà dell’anticipo medio.
Perché queste differenze tra le pensioni degli uomini e delle donne? Una delle ragioni più importanti. lo abbiamo anticipato, risiede nei comportamenti nel mercato del lavoro. In Italia, in particolare, un numero inferiore di donne lavora. E quando lavorano lo fanno per un minor numero di anni nell’arco della vita e più spesso in part time. Le differenze di genere sul mercato del lavoro si riflettono nelle pensioni: carriere più brevi e salari femminili più bassi di quelli maschili diventano pensioni più basse per le donne.
Il problema è diventato particolarmente acuto con il metodo di calcolo contributivo dell’attuale sistema pensionistico italiano: la pensione è strettamente legata ai contributi pagati durante la vita lavorativa. Tutti gli ostacoli e gli svantaggi incontrati dalle donne nel corso della vita lavorativa si riflettono in pensioni meno generose.
I sindacati, negli incontri con il governo, per diminuire il gap hanno ribadito la proposta di riconoscere il lavoro di cura svolto all’interno delle famiglie. “Per ogni ora di lavoro retribuito delle donne ce ne sono altrettante non retribuite ma essenziali a che il sistema funzioni. Il doppio lavoro delle donne non e’ un fatto privato, ma sociale e andrebbe calcolato”, ha detto la responsabile per le politiche di genere della Cgil, Susanna Camusso. Ma non crediamo che, a questi chiari di luna e con la Ue che da sempre insiste con i vari governi per un riassetto (che vuol dire risparmio e quindi taglio degli assegni) del sistema pensionistico, inserendolo anche nel Pnrr, sarà difficile, almeno per ora, arrivare ad una riduzione significativa del gap. E le donne continueranno a lavorare fuori e in casa, non ricevendo il giusto compenso una volta raggiunta la meritata pensione.