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Sanzioni economiche, avanzata delle truppe ucraine, dissenso interno. Le prospettive incerte della Russia di Putin

Il presidente russo Vladimir Putin EPA/YURI KOCHETKOV / POOL

In queste settimane di grande tensione per l’inasprirsi della crisi energetica in Europa, proprio alla vigilia dei mesi più freddi dell’anno, ci si interroga sempre di più sull’efficacia delle sanzioni a cui è sottoposta la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, avvenuta lo scorso febbraio. Se davvero si tratta delle misure sanzionatorie più forti e di maggior portata mai imposte a una grande potenza dopo la seconda guerra mondiale, più numerose e più complete di tutte le altre misure attualmente in vigore contro qualsiasi altro paese sanzionato, allora perché la guerra in Ucraina continua e nel frattempo i paesi che le hanno decise ne subiscono effetti di ritorno così grandi?
Per rispondere alla domanda, prima bisogna chiedersi quando e quanto le sanzioni siano strumenti efficaci, da che cosa dipenda la loro efficacia e se vi siano altri strumenti che possano produrre effetti più rapidamente, senza tener conto della situazione sul campo di battaglia.
E’ un dato di fatto riconosciuto che alcuni paesi stiano diluendo l’efficacia delle sanzioni attraverso l’aumento di legami sostitutivi. È per esempio l’effetto delle esportazioni russe di gas, petrolio e grano dirottate dai precedenti importatori europei a nuovi importatori tra i paesi che non hanno aderito al gruppo dei paesi sanzionatori, soprattutto Cina e India.
Gli acquisti di petrolio da parte di New Delhi e Pechino hanno compensato la maggior parte del calo dell’export russo in Europa, minando l’impatto delle sanzioni contro Mosca che, invece, hanno portato a un aumento delle bollette energetiche per i consumatori europei. Un’analisi del Financial Times sui dati disponibili delle statistiche doganali cinesi e indiane mostra che i due paesi hanno importato 11 milioni di tonnellate di petrolio in più dalla Russia nel secondo trimestre del 2022 rispetto al primo trimestre, con pagamenti aumentati di 9 miliardi di dollari.
Finora le più efficaci sono state le cosiddette smart sanctions – quelle finanziarie e personali – che agiscono più rapidamente e non colpiscono indifferentemente tutta la popolazione, ma soltanto le transazioni e i movimenti dei pochi che hanno potere finanziario. Le altre sono difficili da valutare. La variabile più facile da monitorare per capire quanto sia duro il colpo inflitto al bersaglio è il valore della produzione nazionale (Pil)-
La Banca Mondiale ha previsto che il Pil russo del 2022 diminuirà dell’11,2 per cento a causa delle sanzioni occidentali. Il surplus di bilancio accumulato dalla Russia nei primi mesi del 2022 è quasi scomparso, secondo dati del ministero delle finanze russo, analizzati da Bloomberg. Nei primi sei mesi dell’anno, la Russia aveva accumulato circa 1370 miliardi di rubli di avanzo (22,2 miliardi di euro). Tuttavia, i deficit di 890 miliardi di rubli a luglio (14,42 miliardi di euro) e 350 miliardi di rubli ad agosto (5,67 miliardi di euro) hanno ridotto il surplus nei primi otto mesi dell’anno a 140 miliardi di rubli (2,27 miliardi di euro). Questo andamento è attribuito in particolare a una riduzione delle entrate dalla vendita di gas e petrolio e alle spese elevate per stimolare l’economia. Se dovesse continuare, la Russia potrebbe trovarsi in deficit nei prossimi mesi.
Quest’analisi, di parte americana, indicherebbe che le sanzioni sono destinate ad avere effetto concreto contro la Russia nel lungo periodo, mentre nel presente i riflessi negativi si proiettano soprattutto sui cittadini della Ue. Intanto le sorti della guerra sembrerebbero vedere la Russia in difficoltà rispetto all’avanzata ucraina, sostenuta dagli armamenti forniti in particolare dagli Usa. Ma è presto per dare un responso in proposito, come ha ammonito il segretario di Stato Usa Antony Blinken.
L’arrivo del generale inverno potrebbe favorire le truppe di Putin, la storia ce l’ha dimostrato ampiamente. E dal punto di vista economico la Russia sembra poter resistere ancora a lungo. Tanto più che la politica aggressiva di Biden ha fatto consolidare una sorta di alleanza fra i Paesi che sono nel mirino degli Usa, Russia, Cina, Corea del Nord, India e, da ultimo, l’Iran. Un fattore da non sottovalutare in prospettiva.

Molti confidano sulle reazioni negative che stanno montando contro la politica attuale di Putin in una parte della società e dell’establishment russo e prevedono che soprattutto da quel lato potrebbero venire novità importanti. Ma la rete di potere creata in tanti anni sembra poter proteggere il presidente russo da questo rischio, almeno per ora.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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