Firenze, bancarotta Ste: per i giudici, “Verdini non agì per arginare il dissesto”

FIRENZE – Secondo i giudici dellaCorte d’Appello di Firenze, la Società Toscana edizioni (Ste) era in stato di insolvenza già dal 2009 e il “dominus”, Denis Verdini, “non solo non ha assunto iniziative volte ad arginarlo, ma non ha neppure chiesto tempestivamente il fallimento aggravandone in tal modo il dissesto”.
Così recita la motivazione della sentenza con cui, nel maggio 2022, i giudici della Corte d’Appello hanno confermato la condanna a cinque anni e mezzo all’ex senatore Denis Verdini e le pene per gli ex amministratori della società accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta: l’ex deputato Massimo Parisi (5 anni), l’ex presidente della Ste, Girolamo Strozzi Majorca (3 anni ), Enrico Biagiotti (3 anni) e l’ex liquidatore, Pierluigi Picerno (3 anni).
La Ste, dal 1998 al 2014, anno del fallimento, ha pubblicato il Giornale della Toscana. Secondo i giudici della terza sezione, Verdini per affrontare quella difficile situazione finanziaria avrebbe fatto “affidamento sui contributi per l’editoria, il cui ammontare sarebbe stato insufficiente ad affrontare la sovraesposizione debitoria, e sul fatto che la Banca Credito cooperativo fiorentino non avrebbe agito per riscuotere i propri ingenti crediti”. Al centro del procedimento, c’è anche una operazione “che lungi dal poter essere collocata nell’ambito di una strategia finanziaria”, secondo i giudici aveva come “finalità esclusiva il trasferimento di risorse dalla società fallita a Verdini e Parisi, con il loro arricchimento personale assolutamente ingiustificato”.
Nel 2014, secondo quanto ricostruito dalla corte, la Ste, già un perdita, si impegnò ad acquistare per 2.6 milioni di euro le quote della Nuova Toscana Editrice, altra società del gruppo di cui l’ex senatore e Parisi detenevano il 20% di quote. Ma al contratto preliminare non fece seguito il definitivo e la Ste non fece valere le proprie ragioni nei confronti dei due parlamentari, “astenendosi dall’intraprendere qualsiasi azione legale”. Il denaro sarebbe finito a Verdini e Parisi. Quella operazione, per la corte d’appello, “non avrebbe prodotto il dissesto ma “contribuito a causare uno squilibrio nei conti della Ste”.
Nel 2012, si legge nella sentenza, Verdini avrebbe versato una quota di 3.250.000 milioni di euro per saldare i debiti della Ste verso la Banca di Credito Cooperativo Fiorentino. “La ragione economica che ha spinto Verdini a corrispondere al Bccf quella somma era connessa al ruolo di fideiussore, tanto che poi si è insinuato nel fallimento della Ste. Ma non ha compiuto, secondo i giudici d’appello, una reintegrazione del patrimonio della società”.
