Skip to main content

Immigrazione: il governo prepara la svolta, decreto flussi e codice di comportamento per le Ong

La politica migratoria del governo Meloni sembra avviata su un duplice binario: promuovere l’arrivo dei migranti regolari attraverso il decreto flussi e scoraggiare l’azione dei trafficanti di uomini e delle navi Ong che facilitano gli sbarchi di clandestini nel nostro Paese. Ecco quindi che il ministro Piantedosi ha preparato due distinti provvedimenti, il nuovo decreto flussi e il codice di comportamento per le navi Ong.

DECRETO FLUSSI – L’arrivo di un nuovo provvedimento è prossimo. Il Consiglio dei ministri ha preso atto dell’informativa svolta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in merito proprio al cosiddetto “decreto flussi”, con cui annualmente si stabiliscono le quote massime di cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea da ammettere nel territorio italiano per lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo.
Nel provvedimento la quota complessiva stabilita è pari a 82.705 unità (erano state 69mila nel 2021). Inoltre, sono stati aumentati i settori economici di destinazione dei lavoratori. Il provvedimento valorizza i contenuti del testo unico dell’immigrazione, nella parte in cui si prevede che il datore di lavoro che voglia assumere dall’estero un cittadino non comunitario debba verificare presso il centro per l’impiego competente l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale a ricoprire il posto di lavoro per il profilo richiesto, secondo le modalità contenute in un’apposita nota operativa predisposta dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal).

Non è un caso che una fetta degli ingressi sia stata riservata ai Paesi con i quali l’Italia vuole stringere rapporti di collaborazione sul tema dei migranti. Questo darà al premier Meloni una carta in più da giocare sul tavolo della trattativa per i rimpatri dei migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste.

Rimpatri che, secondo le intenzioni del presidente del Consiglio, dovrebbero essere gestiti direttamente dall’Unione europea. Questo per garantire un maggior potere contrattuale nel convincere i Paesi di partenza dei migranti economici a riaccogliere i propri cittadini. Nel piano italiano c’è infatti anche lo stanziamento da parte dell’Ue di risorse a favore dell’Africa in modo da garantire lo sviluppo degli Stati africani e disincentivare le partenze verso l’Europa.

CODICE COMPORTAMENTO NAVI ONG – Proprio in questa direzione va anche il nuovo provvedimento teso a regolare l’azione delle navi Ong. Un indizio sul contenuto del prossimo decreto è venuto nel corso della discussione davanti al Tar del Lazio sul ricorso presentato da Sos Humanity contro il decreto interministeriale Interno-lnfrastrutture-Difesa. A inizio novembre il provvedimento aveva vietato alla sua nave, la Humanity 1, la sosta in acque territoriali oltre il tempo necessario allo «sbarco selettivo» dei naufraghi ritenuti più fragili. La memoria depositata dall’avvocatura dello Stato, che rappresenta palazzo Chigi, prefigura la strategia che seguirà il governo per dare una svolta alla gestione delle navi Ong.

Tre sono le questioni principali sottolineate: la «sistematicità» delle attività di soccorso; individuazione del porto di sbarco; coinvolgimento dei Paesi di bandiera delle navi.

PERLUSTRAZIONE – Secondo l’Avvocatura (e quindi, secondo il governo) la «mirata e sistematica attività di perlustrazione delle acque antistanti le coste libiche» non rispetta, oltre alle norme sull’immigrazione, le convenzioni internazionali sul diritto del mare. In pratica per rimanere nell’ambito delle normative sulla ricerca e il soccorso (Sar) le navi devono dirigersi a terra al termine di ogni intervento.

PORTO SICURO – A tal proposito l’avvocatura ha richiamato la convenzione Amburgo-Sar, che impone alle autorità di individuarlo con la «minima deviazione dalla rotta prevista». Le navi Ong, afferma l’Avvocatura, violerebbero la regola della minima deviazione restando per altro tempo nell’area di ricerca e soccorso.

POS RICHIESTO ALL’ITALIA – Infine l’Avvocatura ha sottolineato come la maggior parte dei salvataggi delle navi Ong non avvengano nella zona Sar di Roma e non siano da essa coordinati, per cui la scelta costante dei capitani delle navi umanitarie di dirigersi verso l’Italia sarebbe arbitraria.

Se Malta e la Libia non indicano un porto, cosa impossibile per il secondo paese considerato «non sicuro», il comandante della nave dovrebbe attivarsi con il suo Stato di bandiera affinché questo lo individui insieme all’autorità responsabile sul tratto di mare in cui è avvenuto l’intervento.

Si cerca cioè di attuare una strategia mirata che eviti la moltiplicazione degli arrivi di clandestini sulla rotta del Mediterraneo centrale solo sulle coste italiane per decisione autonome di navi private, e si tenta di ristabilire regole internazionali che sono state interpretate solo in un’unica direzione.

E’ quanto lamentavano anche i governi precedenti, a partire da quello di Renzi, senza però trovare riscontro positivo da parte di molti Stati Ue, restii a accettare la redistribuzione timidamente proposta dalla Commissione europea. Vedremo se le situazione sarà destinata a mutare.
.

clandestini, flussi, Italia, navi Ong, ue

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741