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Caso Yara Gambirasio: la pm Ruggeri indagata a Venezia, con l’accusa di depistaggio

VENEZIA – Colpo di scena nel caso Yara Gambirasio, per la cui uccisione è stato condannato Massimo Bossetti. Frode processuale e depistaggio: con queste accuse il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha disposto l’iscrizione nel registro degli indagati per la pm di Bergamo del caso Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri: l’iscrizione avviene a conclusione dell’udienza di opposizione all’archiviazione, presentata dai legali di Massimo Bossetti.

Una scelta che ha come finalità quella di “permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”, si legge nel dispositivo con cui il giudice veneto ordina l’archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.

La vicenda riguardava la conservazione di reperti dell’inchiesta che ha portato all’ergastolo il muratore di
Mapello. Per il gip, si tratta di un approfondimento necessario per consentire un’adeguata difesa: sotto osservazione, i campioni di Dna utilizzati nel processo per la morte di Yara – 54 in totale, da cui è stato
estratto il Dna di Ignoto 1 – che hanno portato alla condanna di Bossetti.

“Ho appreso da Adnkronos del provvedimento del gip di Venezia di trasmissione degli atti a quella
procura perché provveda all’iscrizione nel registro notizie di reato del pm Letizia Ruggeri per frode processuale in relazione alla conservazione dei 54 campioni residui di dna rinvenuti sugli indumenti
indossati da Yara Gambirasio”.

Lo riferisce il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani che interviene così sull’ultima pronuncia
conseguenti alle mosse difensive di Massimo Bossetti condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate.
“Resto francamente sorpreso che dopo 3 gradi di giudizio, dopo 7 rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reparti e dei campioni residui di dna, dopo
che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività, si imputi ora al pm il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crioconservati in una cella frigorifera dell’istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno
dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il codice di procedura” evidenzia.

“Il provvedimento di Venezia arriva dopo che per altre due volte la corte d’Assise di Bergamo aveva negato ai difensori l’accesso a tali provette e dopo che la procura di Venezia aveva chiesto
l’archiviazione della posizione del presidente della Corte d’Assise di Bergamo e di una cancelliera a seguito della denuncia per depistaggio” ricorda il procuratore Chiappani che si dice “fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega”.

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