Trump incriminato: martedì in tribunale, ma senza manette. E non patteggerà per le accuse della pornostar
Niente manette, per Donald Trump, quando martedì pomeriggio, a New York, si costituirà al tribunale di Manhattan per la formalizzazione delle accuse nel caso della pornostar Stormy Daniels. E’ la previsione dei suoi avvocati, che però avvisano: “Non esiste un manuale per vedere come si accusa un ex presidente degli Stati Uniti in un tribunale penale”. E’ infatti la prima volta che un ex commander in chief viene incriminato penalmente in Usa: una mossa che tuttavia, stando alla costituzione e alle leggi americane, non gli impedirà di continuare a correre per la Casa Bianca e di essere eletto.
Tanto che la sua campagna ha già lanciato una nuova campagna di raccolta fondi, con i repubblicani che per ora fanno muro, mentre Joe Biden non commenta e i dem celano gioia, sete di vendetta e ansia dietro la parola d’ordine “nessun è al di sopra della legge”. L’udienza è fissata per le 14.15 locali (le 20.15 in Italia), in una New York già blindata, con eccezionali misure di sicurezza nei luoghi più sensibili, dal tribunale allaTrumpTower. Il timore è quello di incidenti, dopo che The Donald aveva aizzato i suoi a protestare e “riprendersi il Paese”, evocando il rischio di “morte e distruzione”. La deputata cospirazionista Marjorie Taylor Greene, una sua pretoriana, ha già scaldato i social annunciando che martedì andrà a Ny a protestare invitando altri ad unirsi a lei “contro l’incostituzionale caccia alle streghe!”. Non si sa ancora se Trump comparirà in quello che sperava di trasformare in un arresto show con la ‘perp walk’, l’umiliante prassi delle forze dell’ordine di mettere alla berlina un arrestato facendolo camminare in un luogo pubblico ad uso di fotografi e telecamere.
Probabilmente il Secret Service e le forze dell’ordine cercheranno di garantire che tutto si svolga nella massima riservatezza prima del rilascio su cauzione. Di sicuro gli verranno letti gli oltre 30 capi di imputazione di frode aziendale, che la difesa cercherà di far archiviare subito, prima che si arrivi al processo: un numero che lascia presagire un castello accusatorio robusto, ma nessuno sa ancora quali carte abbia in mano il procuratore Alvin Bragg. La vicenda ruota intorno ai 130 mila dollari pagati alla pornostar Stormy Daniels (che ora brinda a champagne) perché non rivelasse durante la campagna del 2016 il suo affair di dieci anni prima col tycoon.
Una somma pagata dall’allora avvocato – e ora super teste – Michael Cohen su disposizione diTrump, che lo avrebbe rimborsato con fondi aziendali sotto la falsa voce “spese legali”, violando anche la legge sui finanziamenti elettorali. Il rischio è una ammenda, nel caso sia considerato un misfatto, o da 1 a 4 anni di carcere se classificato come reato. Come tentare di incastrare al Capone per evasione fiscale, ossia per il minore dei suoi reati, ha osservato The Atlantic, facendo riferimento alle altre inchieste più serie che incalzano l’ex presidente.
Trump è stato colto alla sprovvista dall’incriminazione ed è rimasto “inizialmente scioccato”, ha ammesso il suo avvocato Joe Tacopina, “ma è pronto a combattere”. Sullo sfondo anche un pericoloso scontro tra poteri, con i repubblicani alla Camera che vogliono indagare sul procuratore di Ny e quest’ultimo che non si fa intimidire: “Come ogni altro imputato, Trump può sfidare queste accuse in tribunale ma né Trump né il Congresso possono interferire con l’ordinario corso del procedimento nello stato di New York”.
Ora però il tycoon può presentarsi come un ‘martire’, convinto che la “strumentalizzazione politica della giustizia”, “l’interferenza elettorale” e la “caccia alle streghe” nei suoi confronti “si ritorceranno contro Biden”, in una corsa presidenziale dove – secondo un sondaggio dell’università Marquette – sono testa a testa col 38% ciascuno. Con il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis che resta alla finestra, difendendo il frontrunner ma pronto a prendere il suo posto.