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Firenze, aziende “apri e chiudi”: 17 condanne per commercialisti e imprenditori. Sequestrati beni per 5 milioni di euro

Un’auto della Guardia di Finanza in un’immagine d’archivio

FIRENZE – Il Giudice per l’udienza preliminare di Firenze ha condannato diciassette imputati, che  hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, riconoscendo, fra l’altro,  l’esistenza di un’associazione per delinquere, costituita da commercialisti appartenenti  a uno studio in provincia di Firenze.

Una struttura, secondo l’accusa, volta a mettere a disposizione le  loro competenze per assistere prevalentemente imprenditori cinesi, al fine di consentire  loro di costituire imprese individuali operanti secondo il meccanismo “apri e chiudi”,  che ha permesso alle aziende di eludere il pagamento delle imposte (IRPEF, IVA e  sanzioni) per un ammontare complessivo di 14.264.000,00 euro.

Il drenaggio di risorse  è stato assicurato per il tramite di atti fraudolenti, consistiti nell’operare senza il  pagamento delle imposte e degli oneri contributivi, aprendo e chiudendo  sistematicamente nel corso del tempo le imprese, così da proseguire l’attività  imprenditoriale, cambiando denominazione e intestatario, reimpiegando i ricavi delle  attività svolte e svuotando le casse delle imprese morenti, trasferendo i lavoratori e  mantenendo i rapporti con i fornitori e i clienti originari.

Si tratta di un agire protrattosi  nel tempo che ha favorito un numero notevole di imprenditori sinici, consentendo loro  di riversare nelle “new company” le risorse attive. Molteplici sono risultate le attività  svolte dagli imprenditori sinici: pelletterie, borsettifici, istituti di bellezza, parrucchieri,  bar ristoranti.  

La sentenza di primo grado ha condannato tutti  i diciassette imputati. Un imprenditore è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione, due commercialisti alla pena di quattro anni  di reclusione e altro professionista alla pena di tre anni e otto mesi di reclusione.

Le condanne sono intervenute, oltre che per il delitto associativo, anche per aver  commesso reati tributari (fra i quali, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle  imposte, con evasioni d’imposta significativi) e di bancarotta fraudolenta, la cm  responsabilità dovrà essere ulteriormente vagliata nei successivi gradi di giudizio.  

Il Tribunale ha disposto la confisca del profitto dei reati tributari, per quasi 5 milioni di euro:  4.876.132,00 euro, da eseguire anche su beni di valore equivalente nei confronti degli  imputati condannati, che potrebbe consentire di recuperare parte degli enormi tributi  evasi, ove la pronuncia venisse confermata nei successivi gradi di giudizio.  

Il Gup ha poi applicato una pena su richiesta (patteggiamento) nei confronti di un  imprenditore cinese e disposto il rinvio a giudizio di tutti gli altri imputati, oggetto della  richiesta di rinvio a giudizio.  

Si tratta di dati rilevanti perché, per la prima volta, si è ottenuta una pronuncia di  condanna di numerosi imputati e di confisca nei loro confronti, sia pur in primo grado,  che dimostra la pericolosità derivante dalla saldatura delle condotte di liberi  professionisti e di imprenditori sinici che determina un inquinamento del tessuto  economico sano e che ostacola l’ operatività delle imprese che si inseriscono nel  mercato provvedendo al pagamento delle imposte e delle tasse.

La vastità del fenomeno  evidenziato costituisce un grave vulnus alla libera concorrenza e determina la  fuoriuscita dal mercato di numerose imprese gestite da imprenditori italiani radicati sul  territorio. L’importanza della decisone è confermata dall’intervento, nel processo,  dell’Agenzia delle Entrate, che si è costituita parte civile e che ha conseguito un ampio  riconoscimento in termini di risarcimento e di ulteriori garanzie del credito erariale. E’  stato, infatti, disposto dal Tribunale anche il sequestro conservativo dei beni.  

Nel corso delle indagini preliminari, il procedimento si è giovato dell’importante  contributo del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di  Firenze. Inoltre, nel corso delle indagini, il 19 luglio 2021, sono state emesse cinque  misure cautelari nei confronti dei cinque professionisti ora imputati (destinatari di  custodia cautelare in carcere) e ulteriori ventiquattro nei confronti di imprenditori di  origine cinese, tutti contestualmente tratti agli arresti domiciliari, in quanto considerati.  

i titolari “di fatto” delle aziende, nonché la misura dell’obbligo di presentazione alla  polizia giudiziaria, nei confronti di un’appartenente allo studio di commercialista.  Contestualmente sono state emesse misure caute lari patrirnoniali (sequestro preventivo  per equivalente di beni per un valore di oltre 40 milioni di euro).

Sono stati oggetto del  sequestro numerosi beni, fra i quali, 19 aziende individuali, quote sociali di 4 società  di capitali, 26 immobili, l terreno, 22 autoveicoli, 3 motoveicoli, denaro contante  363.000,00, conti correnti con la presenza di 1.900.000,00 euro, per un valore pari a  circa 8,8 milioni di euro, beni suscettibili di confisca e di sequestro conservativo il per  il soddisfacimento, in via privilegiata, delle pretese dell’erario. I provvedimenti  cautelari personali e patrimoniali sono stati confermati dal Tribunale del Riesame e  dalla Corte di Cassazione.  

Le indagini hanno consentito di individuare anche la complicità di una moltitudine di  soggetti titolari formali di oltre ottanta imprese coinvolte, nei cui confronti è in  fase di celebrazione autonomo procedimento in fase di indagini.  

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