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Patto di stabilità: pressing di Berlino e Parigi. Roma Frena

Il ministro Giancarlo Giorgetti

BRUXELLEs – “Sul Patto di stabilità troviamo una soluzione, con l’Italia siamo sulla stessa linea”. All’ultima curva Francia e Germania escono allo scoperto. Alla vigilia dell’Ecofin – in videocollegamento – chiamato a trovare un delicatissimo equilibrio sulle nuove regole della governance economica il falco Chrstian Lindner decide di volare a Parigi e parlare, faccia a faccia, con il francese Bruno le Maire, portatore delle istanze dei Paesi con elevato debito.

Nel mezzo viene organizzata una girandola di telefonate con Giancarlo Giorgetti per avvicinarsi il più possibile al traguardo prima della cena di lavoro franco-tedesca. Le Maire e Lindner, parlando con i cronisti prima dell’incontro, dicono che le probabilità dell’intesa sono vicine al “100%”.

E disegnano quello che appare come l’ultimo pressing sull’Italia. Da Roma le parole di Parigi e Berlino sono accolte nel silenzio. Dall’entourage del titolare del Tesoro spiegano che Giorgetti non parlerà prima dell’Ecofin. Fonti dell’esecutivo sembrano quasi innalzare un’ultima trincea di fronte al pressing dell’Ue: la partita si chiude domani, non è ancora chiusa, viene osservato. Non si tratta di un’opposizione all’intesa sul nuovo Patto, alla quale anche Roma lavora, ma di vederci chiaro.

La trattativa, di fatto, continua nella notte, dopo il bilaterale tra Le Maire e Lindner. “Un’intesa franco-tedesca permetterà anche ad altri di dire si”, sottolinea il ministro delle Finanze teutonico ribadendo quello che per Berlino resta un assioma: “La Germania non accetterà regole che non sono rigide, nel senso credibili, sufficienti ed efficienti” per il rientro del debito. Accanto a questo, aggiunge, “consentiamo gli investimenti e manteniamo uno spazio fiscale per le riforme strutturali”.

“Per la prima volta dalla creazione dell’euro non avremo solo un patto di stabilità, ma un patto di stabilità e crescita”, sentenzia Le Maire. Poco dopo il punto stampa di Parigi, fonti Ue certificano la strategia per arrivare all’intesa.

“C’è la possibilità di un accordo”, spiega un alto funzionario europeo, che nonostante i dubbi espressi dal governo italiano – anche sull’organizzazione in videocall della riunione Ecofin – si dice fiducioso. “Siamo in stretto contatto con l’Italia, comprendiamo che una videoconferenza non è la cosa più facile” per un accordo “ma dovevamo bilanciarci con le agende di alcuni ministri. Sappiamo che avere un’intesa sarebbe un successo per tutti”, spiega l’alto funzionario, sottolineando che, sul tavolo dei 27 sarà in arrivo una nuova proposta di compromesso coordinata dalla presidenza spagnola, sensibilmente diversa da quella uscita dall’Ecofin di inizio dicembre.

La trattativa – tra Francia e Germania nella cena di Parigi e tra i 27 domani – balla su due parametri: quelli relativi alla velocità di rientro verso il benchmark di salvaguardia del deficit, pari all’1,5% e quelli legati alla massima deviazione consentita rispetto alle soglie della spesa primaria annua.

Per chi sfora il tetto del deficit del 3% le nuove regole richiedono, infatti, di assicurare un aggiustamento strutturale dei conti pari allo 0,5% annuo. Le discussione riguarda un intervento di entità minore (dello 0,2%), tenendo conto anche dell’impatto degli interessi del debito pubblico, in cambio di riforme strutturali e investimenti.

Nell’ultima proposta di compromesso, questi elementi già erano considerati nel cosiddetto periodo transitorio 2025-2026-2027. “I nuovi numeri sono tra parentesi e saranno discussi domani dai ministri”, spiegano fonti Ue.

Parlando dei punti ancora aperti, Le Maire si dice ottimista e li circoscrive al braccio preventivo, che riguarda i Paesi che non hanno sforato il tetto del 3% del Pil per il deficit e del 60% per il debito. Su questo capitolo, dato non marginale, inoltre non è richiesta l’unanimità.

Difficile, invece, che Roma ottenga una sospensione dell’attuale Patto fino a oltre il 31 dicembre. Un sì dell’Ue tradirebbe quello che invece a Bruxelles non vogliono nella maniera più assoluta: che l’accordo sulle nuove regole sia rinviato.



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