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Stragi del ’93: da Anm toscana solidarietà a pm di Firenze

Il Palazzo di giustizia di Firenze

FIRENZE – La giunta esecutiva della sezione toscana dell’Associazione nazionale magistrati auspica che la vicenda relativa all’invito a comparire al generale dei carabinieri Mario Mori “possa trovare soluzione esclusivamente in ambito processuale e nell’assoluto rispetto delle prerogative e dei diritti delle parti”.

L’Anm, con un comunicato, esprime “piena solidarietà e vicinanza ai magistrati della Procura di Firenze” dopo aver letto le dichiarazioni rilasciate da Mori “e da autorevoli esponenti del governo e della maggioranza parlamentare nonché i commenti di alcuni organi di informazione”. L’Anm rileva che “la notifica del provvedimento risulta essere stata diffusa dallo stesso destinatario; che “il procedimento in cui è stato disposto l’invito a comparire riguarda, come viene riportato dalla stampa, fatti di reato diversi da quelli per cui è intervenuta sentenza di assoluzione; che tale atto costituisce un’attività tipica del Pm in fase di indagini preliminari che – mediante la ‘sommaria enunciazione del fatto’ e ‘l’indicazione degli elementi e delle fonti di prova’ – è funzionale ad assicurare il contraddittorio e le garanzie difensive; che esso non comporta l’esercizio dell’azione penale ed anzi ne consente la più prudente e ponderata valutazione; che lo sconcerto e l’insofferenza del Generale sono umanamente comprensibili; che le altre dichiarazioni e i commenti, invece, come già denunciato al recente congresso Anm di Palermo in relazione ad analoghi interventi riguardanti l’attività di magistrati del Distretto di Firenze, appaiono non tanto esercizio del diritto di critica, senz’altro legittimo, ma dettati da fine denigratorio dell’attività dell’Autorità Giudiziaria, il cui agire sarebbe addirittura connotato da intenzioni persecutorie”.

L’Anm esprime “la più netta contrarietà a che, come reiteratamente avvenuto in passato, vicende in corso di accertamento nelle sedi competenti siano oggetto di dichiarazioni pubbliche contro singoli magistrati – i quali, in rispettoso silenzio, si occupano anche del procedimento in questione nell’esclusivo adempimento dei propri doveri di ufficio – chiaramente finalizzate a pregiudicare il prestigio della magistratura nel suo complesso, così contravvenendo a basilari principi di civiltà democratica”.

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