Firenze: morto Roberto Guadagnuolo, ex calciante verde. Una vita difficile: dentro e fuori dal carcere

FIRENZE – L’hanno trovato cadavere in casa, Roberto Guadagnuolo. Allarmati perchè non rispondeva più al telefono. Aveva 63 anni e una vita tormentata alle spalle. Prima da calciante dei Verdi, poi il carcere: dentro e fuori da quando, nel 1995, venne condannato per tentato omicidio di un calciante bianco, Santo Tallarita.
Gli amici che avevano tentato, spesso invano, di dargli una mano, ora scuotono la testa sgomenti. Una personalità difficile, quella di Roberto Guadagnuolo. Il Calcio storico passò presto in secondo piano: superato da notti violente, locali notturni, risse. Arresti non facili, perchè le sue reazioni alle manette erano dirompenti.
Perfino quando, nel 1995, venne condannato dal Tribunale di Firenze con l’accusa di tentato omicidio – tre colpi di pistola a Central Park contro Tallarita – ebbe uno scatto imprevedibile: si liberò degli agenti che aveva intorno e corse verso il giudice, Francesco Maradei, che scappò lasciando la toga. Guadagnuolo afferrò un estintore e imbiancò chi tentava di fermarlo. Il suo avvocato, Folco Toscano, provò a fermarlo: “Roberto calmati, così complichi tutto”. Non lo ascoltò. Indossò la toga del giudice e prese il martelletto gridando: “Ora la faccio io la giustizia e la faccio bene”. Poi si accasciò. Gli saltarono addosso. lo bloccarono.
In carcere aggravò la sua posizione. Risse e botte allungarono la sua permanenza dietro le sbarre. A Livorno fece condannare alcuni agenti penitenziari che, secondo le accuse di quei giorni, lo avrebbero picchiato per ritorsione. Rimase per un po’ nel manicomio criminale di Montelupo, ma non era il suo posto. In una lettera descrisse il suo arrivo a Porto Azzurro: “Quando arrivai mi vidi davanti un esercito di secondini in assetto antisommossa. Non so quel giorno quante botte presi. Mi aprirono la testa con pezzi di ferro, mi incrinarono una costola. Per un mese fui tenuto isolato e i primi 10 giorni, tutte le mattine, puntuali entravano e mi massacravano. Buttavo sangue da tutte le parti”.
Anche Palazzo Vecchio si mosse, anni fa, per tentare di dargli una mano una volta uscito di carcere. Ma si barricò in casa, a Coverciano. Convinto ad aprire dal paziente intervento dei carabinieri. Ora viveva a casa della madre. Nei giorni scorsi non rispondeva più al telefono. Sabato, 29 giugno 2025, le forze dell’ordine sono entrate trovandolo senza vita. La fine di una storia travagliata.
Santo Tallarita, contro il quale sparò 30 anni fa, non condivide chi, sui social, ne tratteggia un ricordo meno impietoso: “Non ci sto, dobbiamo ricordare quelli che ha sacrificato, che ha picchiato senza un motivo e i locali costretti a chiudere per le sue violenze”. Ma va citato il messaggio di quello che si è sempre considerato un suo amico fratello, Gianluca Lapi, uno dei calcianti più conosciuti e bandiera proprio della Parte Verde, Instagram: “Avevi uno spirito troppo forte e purtroppo non avevi mezze misure, ti ho voluto bene come un fratello. Spero che ora tu abbia trovato la pace che tanto cercavi”. Dello stesso tenore il post di Franco Prosperi, imprenditore e colonna del colore Verde, che aveva giocato con Guadagnuolo nel 1984: “Forse hai trovato la tua pace, finalmente”.
