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Empoli calcio in lutto: è morto Silvano Bini, dirigente simbolo degli azzurri. Riportò in A anche il Livorno

Silvano Bini in un’immagine degli anni ’80 (foto di archivio)

EMPOLI – Il calcio empolese piange Silvano Bini, morto oggi, 27 ottobre 2025, a 96 anni. Dirigente sportivo, Bini ha dedicato quasi tutta la sua vita nel calcio, circa cinquant’anni, all’Empoli, società nella quale ha ricoperto tantissimi ruoli.

Nato nel 1929, Bini mosse i suoi primi passi nell’Empoli nel 1947, quando aveva appena 18 anni. All’interno del club toscano ha ricoperto ogni possibile ruolo: vice segretario, segretario, direttore sportivo, direttore generale e, persino, presidente, durante la stagione 1987/88.

Con lui dirigente, l’Empoli raggiunse la sua prima promozione in serie A nella stagione 85/86 rimanendo nella massima categoria per due stagioni e centrando una storica salvezza, contro ogni pronostico, nella stagione 86/87.

Bini è rimasto in società fino al 1996 quando i cambiamenti societari lo portarono a maturare l’addio. Sotto la sua gestione l’Empoli ha scoperto numerosi talenti: come Moreno Roggi, Vincenzo Montella, Fabio Galante, Antonio Di Natale, dando il via a una cultura di cura del settore giovanile che ancora oggi fa parte del dna dell’Empoli.

Dopo una vita dedicata agli azzurri Bini proseguì nel calcio con altre esperienze: dal 1996 al 1998 collaborò con il Genoa, in Serie B, come consulente, poi approdò alla Pistoiese, con la quale centrò la promozione in Serie B.

Nel 2003 ricoprì il ruolo di direttore sportivo del Livorno, contribuendo al ritorno della squadra in Serie A, dopo 55 anni. Dopo l’interruzione del rapporto tornò in amaranto nel 2007 nel ruolo di team manager. Nel 2008, tornò a collaborare con la Pistoiese come consulente generale.

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Conobbi Silvano Bini a Coverciano, alla fine della anni Sessanta. Cordiale, elegante, mai banale: un signore del calcio, anche nella serie C di allora. Ci “litigai” (lo scrivo fra virgolette perchè fu solo un’animata discussione) quando, all’inizio degli anni Settanta, con Renzo Ulivieri allenatore, l’Empoli stentava e Giordano Goggioli mi inviò a fare quella che pomposamente venne definita “un’inchiesta sull’Empoli”. Che lì per lì non gli piacque. Poi mi telefonò: “Hai ragione ma resta fra noi”. Fino a oggi è stato così.

L’Empoli, più tardi, venne promosso in serie B. Silvano chiamò Raffaello Paloscia, diventato capo dello sport dopo Giordano (scomparso sabato scorso, si saranno già ritrovati lassù) per chiedere che fossi io a seguire l’Empoli nel nuovo campionato.

Non ero entusiasta ma accettai la richiesta di Raffaello: fu una stagione difficile. Andavo tutte le domeniche, in casa e in trasferta, a vedere le partite con il mio caro amico e collega Antonio Bassi, che lavorava nella redazione di Empoli. Io facevo il commento, lui la cronaca della partita. Buon tandem. Bini ogni lunedì chiamava per fare la solita, bonaria critica. Accompagnata dal saluto di un altro vero signore, il presidente Renzo Bagnoli, che Bini chiamava semplicemente “Sammontana”. Alla fine l’Empoli si salvò. Poi la serie A.

Silvano, con gli anni, era stanco e voglioso di nuove sfide: lo voleva il Cagliari, anche su consiglio di Gigi Riva, che lo aveva conosciuto bene a Coverciano, nelle lunghe chiacchierate con Franchi, Fini e Valcareggi. Alla fine andò e a Pistoia e a Livorno, riportando gli amaranto in serie A.

Non dimenticherò una persona come Bini. Gli dico: grazie Silvano, per quello che, con dalla tua saggezza e dalla tua esperienza, ho potuto imparare.

Sandro Bennucci

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