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Trump assedia il Venezuela, ma l’ordine di attaccare ritarda. Maduro si appella a Putin. La Nobel Machado: “Bravo presidente Usa”

Maria Corina Machado, venezuelana, è la vincitrice del Nobel per la pace 2025 (Foto dai social)

CARACAS – Smentisce, Donald Trump, ma il Venezuela resta con il fiato sospeso di fronte all’ipotesi di un’escalation Usa con imminenti attacchi a obiettivi già stabiliti – soprattutto infrastrutture come porti e aeroporti – che Washington ritiene collegati ai signori della droga, in particolare al Cartello de los Soles. Le notizie diffuse dal Wall Street Journal prima e dal Miami Herald a distanza di ventiquattro ore, agitando lo spettro di una guerra, hanno seminato angoscia e preoccupazione nel Paese, sempre più nella morsa di un governo in odore di dittatura.

“Vogliono rubare il nostro petrolio”, ha ripetuto il presidente Nicolas Maduro, davanti alle telecamere delle tv di Stato, invitando i venezuelani a mantenere “calma, compostezza e nervi saldi, agendo con la massima unità”. Nelle scorse settimane, di fronte alle mosse del Pentagono nei Caraibi, con gli strike contro almeno quattordici imbarcazioni considerate dei narcos, il padre padrone di Palazzo Miraflores si era rivolto ai governi amici di Pechino, Mosca e Teheran, per sollecitare aiuti, ricevendo in risposta un sostegno più simbolico che pratico.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha sottolineato la ferma opposizione del suo Paese a qualsiasi attività che minacci l’integrità territoriale. “Mi auguro che gli Stati Uniti ascoltino attentamente le forti voci dei Paesi caraibici e della comunità internazionale», ha affermato. Mentre nelle ultime ore a parlare è stata la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zachárova, spiegando che il Cremlino mantiene un contatto costante con Caracas ed è “pronto a continuare a rispondere adeguatamente alle sue richieste”.

Ad applaudire le azioni di Washington è invece la leader dell’opposizione venezuelana e vincitrice del Premio Nobel per la Pace, María Corina Machado, costretta a vivere in clandestinità. “Per anni abbiamo chiesto alla comunità internazionale di tagliare le fonti di finanziamento provenienti dal traffico di droga e da altre attività criminali”, ha dichiarato a Bloomberg. “Finalmente accade”. Machado ha affermato di avere contatti regolari con alti funzionari Usa, tra cui il segretario di Stato Marco Rubio, ed ha descritto il regime di Maduro come parte di una “struttura di narco-terrorismo”, sostenendo che il territorio e le risorse del Venezuela sono cadute nelle mani di reti criminali.

L’oppositore Henrique Capriles, due volte candidato alla presidenza nel 2012 e nel 2013, l’ex governatore dello Stato di Zulia, Manuel Rosales, leader del partito Un Nuevo Tiempo e Jesus Chuo Torrealba, ex segretario esecutivo dell’opposizione Mesa de la Unidad Democrática (MUD), lontani dalle posizioni di Machado, hanno invece accolto con favore la proposta del presidente brasiliano Lula di avviare un dialogo tra Stati Uniti e Venezuela. Ma la Casa Bianca non ha risposto all’offerta e Machado l’ha respinta. Intanto un sondaggio condotto da AtlasIntel, conferma che la crisi venezuelana continua ad essere uno dei temi che più preoccupano i latinoamericani.

Lo studio, che ha coinvolto 6.757 persone in tutto il continente (2.777 in Venezuela e 3.980 nel resto della regione), rivela una visione ampiamente condivisa: il Venezuela continua ad essere percepito come un Paese in crisi politica, sociale e umanitaria, il cui impatto si estende ben oltre i suoi confini.

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