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Strage di Natale 1984: boss di camorra indagato dai pm di Firenze. La bomba sul rapido 904 uccise 16 persone

I corpi delle 16 vittime della strage di Natale del 1984, allineate a bordo della ferrovia (Foto d’archivio)

FIRENZE – Strage del treno rapido 904, due giorni prima del Natale 1984: nuova inchiesta della Procura di Firenze. I magistrati, nel 2023, hanno iscritto nel registro degli indagati Raffaele Stolder, 67 anni, ex capo dell’omonimo clan camorristico, oggi estinto, vicino alla famiglia Giuliano di Forcella. La notizia è ripotata oggi, 23 dicembre 2025, da “La Nazione”.

L’attentato avvenne alle 19.08 del 23 dicembre 1984: un ordigno ad alto potenziale esplose a bordo del treno partito da Napoli e diretto a Milano, con oltre 600 passeggeri. La deflagrazione, nella galleria tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino tosco-emiliano, provocò 16 morti e 267 feriti.

Il possibile coinvolgimento della camorra campana non è una novità nelle indagini sulla ”strage di Natale”. In passato era già stato processato Giuseppe Misso, boss del rione Sanità, poi assolto in appello dopo una condanna all’ergastolo in primo grado. Stessa sorte per l’ex parlamentare missino Massimo Abbatangelo.

Ad oggi, per la giustizia italiana, gli unici condannati in via definitiva restano Pippo Calò, il ”cassiere” di Cosa nostra, e Federico Schaudinn, trafficante d’armi ed esperto di esplosivi. A Firenze si era interrotto nel 2017 anche un ulteriore filone investigativo che indicava come mandante della strage Totò Riina: il capo dei capi di Cosa nostra morì mentre la Corte d’appello aveva riaperto l’istruttoria.

 Elemento centrale delle nuove indagini sarebbero le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Ferraiuolo, nipote di Stolder. Nel 2012 riferì ai magistrati che lo zio gli avrebbe confidato di aver ricevuto, intorno al 2007, una proposta di ”patto” da parte dei Servizi: controllo del territorio senza spargimenti di sangue. Una proposta analoga, secondo il pentito, sarebbe stata avanzata anche a Misso.

L’esistenza e la natura di questi rapporti restano però da accertare. Gli atti raccolti negli ultimi anni dalla procura di Firenze sono coperti da segreto. Incerto anche il destino del fascicolo dopo l’insediamento di Rosa Volpe alla guida dell’ufficio.

Il precedente procuratore, Filippo Spiezia, aveva spiegato dodici mesi fa che nell’indagine, riaperta nel 2022, erano confluiti ”atti dei Servizi declassificati presso l’archivio storico di Roma e documenti acquisiti da varie autorità giudiziarie”.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’ordigno – una miscela di pentrite, tritolo e T4 – sarebbe stato collocato in due borse sul vagone del treno alla stazione di Firenze Santa Maria Novella. Ben 23 organizzazioni, di estrema destra, estrema sinistra e gruppi stranieri, rivendicarono l’attentato, ma gli investigatori esclusero presto una matrice esclusivamente politica, ritenendo più plausibile una ”feroce risposta” alle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta, che in quei giorni avevano messo in crisi la mafia.

A rafforzare lo scenario anche un episodio successivo: all’alba del 5 novembre 1987 una bomba, composta dagli stessi esplosivi della strage, fu trovata in un garage di via Toscanini a Firenze, con il rischio di far crollare due condomini.

Due giorni prima il giudice istruttore Emilio Gironi aveva chiuso l’inchiesta sul rapido 904, rinviando a giudizio per banda armata, strage e terrorismo sette persone, tra cui Calò e Misso. A distanza di decenni, la strage del rapido 904 continua a interrogare la magistratura e il Paese, tra nuove ipotesi investigative e verità ancora da chiarire.

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