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Manovra: la Ue solleverà forti dubbi sull’aumento del deficit al 2,3%, ma solo dopo il referendum

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Renzi illustra la manovra

BRUXELLES – La Commissione Ue ufficialmente non rilascia alcuna dichiarazione sulla manovra italiana, che dovrebbe essere inviata oggi a Bruxelles, anzi un portavoce ha fatto presente che non è possibile esprimere giudizi su anticipazioni dei media e occorre vedere numeri e giustificazioni. Ufficiosamente qualcuno fa sapere che non sono questi però i numeri che gli esperti che l’esecutivo europeo attendevano. Soprattutto hanno destato sorpresa le cifre illustrate nelle slide di Matteo Renzi, una in particolare, quel 2,3% nel rapporto deficit/Pil che agli uffici del Palazzo Berlaymont sembrerebbe non andare proprio giù. «Secondo le regole – fa notare una fonte comunitaria – è chiaro che non ci siamo». Ma il premier sfodera il solito atteggiamento di sfida: «L’Ue vuole forse discutere delle nostre spese sull’immigrazione? Inizino a darci una mano, visto che stanno prevalendo gli egoismi. Appena lo faranno le spese si abbasseranno».

In pratica Bruxelles potrebbe da subito chiedere qualche piccolo aggiustamento, o addirittura rimandare indietro la manovra tout-court nel giro di due settimane. Sarebbe però un atto politico che potrebbe influenzare il voto del referendum, e l’Ue non vuole aprire un nuovo fronte di polemiche con Renzi, ce ne sono già abbastanza.

Certamente molta attenzione verrà dedicata alle spese eccezionali, per le quali il governo dice che impegnerà lo 0,2% del Pil (pari a 3,2 miliardi) per la gestione della sola immigrazione. Cifre in linea con quelle del 2015, che però non furono scontate interamente. Più complesso il calcolo delle spese per il terremoto. Sono 4,5 miliardi in tre anni (quest’anno circa lo 0,1% del Pil), ma Bruxelles intende attenersi alle regole e dunque scontarne solo una piccola parte. Sicuramente verranno accolte quelle per ricostruire i paesi colpiti dal recente sisma, ma difficilmente saranno comprese anche quelle per il piano di prevenzione Casa Italia, che non sono collegate direttamente alle conseguenze dell’evento calamitoso e rientrano in una politica futura giusta, ma attribuibile a un progetto di azione governativa. Dunque rientrante nelle spese generali, e non a derivante dall’emergenza vera e propria.

Bruxelles sembra dunque intenzionata a rinunciare a calcare la mano immediatamente per non influenzare il voto del 4 dicembre, ma dopo il 5, giorno fra l’altro in cui è prevista la riunione dell’Eurogruppo, farà sentire alta la sua voce. E probabilmente non saranno solo rose e fiori.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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