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Velo islamico: la Corte Ue, è legittimo vietarlo sul lavoro. Bibliotecaria non assunta da un comune toscano

foto d’archivio

BRUXELLES – Vietare alle donne di indossare il velo islamico sul posto di lavoro è discriminatorio nei confronti delle musulmane? No, se il datore di lavoro vuole dipendenti vestiti in modo neutro, cioè che non esibiscano alcun segno politico, filosofico o religioso in modo evidente. Con questa sentenza la Corte di Giustizia dell’Ue mette fine ad un dibattito che in passato ha diviso la Corte stessa, ma che difficilmente si acquieterà visto che le associazioni di difesa dei diritti umani come Amnesty, e la comunità ebraica, sono già insorte, temendo che la decisione spalanchi le porte ai pregiudizi.
Il pronunciamento della Corte arriva dopo la valutazione di due cause: entrambe donne, musulmane, licenziate dalle rispettive aziende per essersi rifiutate di rinunciare al velo sul luogo di lavoro. Una centralinista, l’altra consulente informatico. La prima in Belgio e l”altra in Francia, due Paesi dove la presenza musulmana è tra le più significative d”Europa. La centralinista, Samira Achbita, si è opposta al divieto di velo nonostante fosse previsto dal regolamento interno della sua azienda. Nel secondo caso, invece, alla consulente informatica francese, Asma Bougnaoui, era stato chiesto di togliere il velo in seguito alle lamentele di un cliente.

FIRENZE – Mentre la Corte decideva sul punto, una giovane islamica si lamentava col Sindaco Nardella per non essere stata assunta in una biblioteca di un Comune proprio per questo motivo. Non ammessa a lavorare in una biblioteca pubblica di un Comune del territorio fiorentino perché porta il velo: a raccontarlo, durante un incontro pubblico avvenuto stasera tra il sindaco di Firenze Dario Nardella e la comunità musulmana del capoluogo toscano, è stata lei stessa, Sanaa, una giovane straniera residente da anni a Firenze e di religione islamica. Sanaa, come ha spiegato durante il confronto pubblico, opera da sette anni nel settore biblioteconomico, ha già lavorato in diverse biblioteche ed è ciò che fa anche attualmente, in una struttura pubblica del territorio fiorentino. Recentemente, ha
spiegato, «la cooperativa per la quale lavoro voleva ampliare il mio servizio ad un’altra biblioteca. Il direttore di questo spazio però ha detto di no, perché porto il velo e ritiene che nell’ambito del pubblico non sia corretto mostrare simboli religiosi».

Evidentemente aveva ragione il direttore, secondo la Corte Ue, quindi Sanaa deve rispettare le regole del paese che la ospita, e non viceversa.

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