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Alla pergola «la governante» riletta da scaparro

FIRENZE – Mentre fino a domenica 24 febbraio va in scena «End of the rainbow», con Monica Guerritore che fa Judy Garland, da martedì 26 fino al 3 marzo alla Pergola è in programma “La governante”, di Vitaliano Brancati, con Pippo Pattavina e Giovanna Di Rauso come protagonisti, le musiche di Pippo Russo e la regia di Maurizio Scaparro. Potremmo scrivere “a volte ritornano”, perché sono trascorsi poco più di 60 anni da quando la commedia venne interdetta alle scene dalla censura perché “contraria alla morale”, accendendo una querelle non solo letteraria e teatrale, ma civile e politica, nella quale è inevitabile cogliere nodi tuttora irrisolti in termini di intolleranza, negazione della libertà di espressione, perbenismo, mali cronici di una società che annega nell’ipocrisia e si dibatte in un insanabile conflitto tra morale e pregiudizio.

Proprio nel 60° anniversario della pubblicazione, è di Maurizio Scaparro il nuovo allestimento del capolavoro teatrale di Brancati. La prima messinscena dell’opera fu possibile finalmente solo nel 1965 in seguito alla soppressione dell’attività censoria, undici anni dopo la morte dell’autore, che aveva concepito il testo per la moglie Anna Proclemer, da allora protagonista più volte di una “commedia” che fa ancora molto discutere per la spietata critica sociale.

L’azione si svolge a Roma, in una ricca casa borghese. La governante francese Caterina Leher, charmante, colta e di fede calvinista, instaura un rapporto dialettico con il siciliano Leopoldo Platania, cattolico e severo capofamiglia, illuso di essersi integrato nella capitale e invece incapace di accettare un’etica diversa da quella in cui è cresciuto. Entrambi si struggono dentro, per colpe segrete: la prima vive l’omosessualità come peccato, l’altro sconta l’intransigenza moralistica mostrata alla figlia, morta suicida. Permissivo è invece Leopoldo nei confronti del figlio Enrico, che incarna il gallismo siculo ai danni della fragile moglie Elena. A frequentare assiduamente casa Platania è poi lo scrittore Alessandro Bonivaglia, intellettuale indolente ma lucido. Utilizzando un registro parodico e satirico che approda alla tragedia, l’autore descrive il clima oscurantista dell’Italia anni Cinquanta, laddove «l’odio per la cultura ha un ufficio apposito, che una volta si chiamava, con ironia involontaria, Ministero della Cultura Popolare e oggi Sottosegretariato per lo Spettacolo e le Informazioni». Il principale motivo del divieto censorio è da riscontrare in quest’esplicita accusa, mentre la materia “scabrosa” – l’omosessualità, per di più femminile, in quegli anni oggetto di riprovazione e tuttora non immune da discriminazioni – è descritta in maniera elegante, allusiva.


Marco Ferri


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