
Governo: Letta o Amato, con l’incognita Renzi

«Ho già detto che la mia candidatura è la più sorprendente e la meno probabile». Lo ribadisce Matteo Renzi nel pomeriggio al termine della direzione del Pd a Roma. Il totonomine va avanti.
Una riunione dove Pierluigi Bersani conferma le dimissioni da segretario del partito e Rosy Bindi da presidente e dove non è arrivato nessun indirizzo: qualcosa che ha fatto precipitare le quotazioni di Matteo Renzi al governo.
Non è arrivato nessun endorsement dalla Direzione nazionale del Pd. E questo fa precipitare le quotazioni di Matteo Renzi al governo. L’ipotesi del sindaco di Firenze a palazzo Chigi, raccontano, avrebbe cominciato a prendere quota ieri, subito dopo il giuramento a Montecitorio di Giorgio Napolitano.
A fare per primo il nome del rottamatore è stato il leader dei giovani turchi del Pd, Matteo Orfini. Poi a Montecitorio il tam tam è diventato sempre più forte. E Renzi è entrato a pieno titolo nel totonomine insieme a Giuliano Amato ed Enrico Letta. A sponsorizzare l’operazione ‘rottamatore-premier’ sarebbe stata la vecchia guardia dalemiana, una parte degli ex popolari (esclusi i mariniani), i giovani turchi e, naturalmente, i 51 renziani.
La candidatura sarebbe durata fino a stamane. Poi ha cominciato a perdere colpi proprio alla vigilia delle consultazioni al Colle, per le resistenze di una parte del Pd e del Pdl e le perplessità dello stesso Quirinale, che ha sempre disegnato un identikit con un alto profilo istituzionale e di caratura internazionale per la premiership.