Ancora in carcere Fabrizio Cinquini, il medico che cura con la cannabis

PIETRASANTA (LU) – Dopo essere finito agli arresti domiciliari per due volte, la sua crociata per l’uso della marijuana a fini terapeutici l’ha ora portato in carcere. Fabrizio Cinquini, 50 anni, medico specializzato in chirurgia vascolare dopo l’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino è stato trasferito a Massa. Per 16 giorni ha portato avanti uno sciopero della fame, lui che negli anni avrebbe sviluppato, tramite autoimpollinazioni controllate, degli ibridi di alta qualità terapeutica, che nemmeno le Asl avrebbero a disposizione. Lo scorso 22 luglio i carabinieri hanno trovato 277 piante di marijuana nel giardino di casa sua a Pietrasanta. Nel 2007, sempre i carabinieri, avevano trovato nella sua abitazione 1167 bustine di semi, accompagnate da indicazioni terapeutiche (ad esempio, contro l’anoressia) e controindicazioni (possibili crisi paranoidee reversibili).
La nuova denuncia è costata a Cinquini la sospensione dall’Ordine dei medici e rischia 20 anni di carcere essendo recidivo, con l’accusa di produzione e coltivazione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Il suo caso ha sollevato polemiche e si sono levati da più parti appelli per la sua scarcerazione.
«Quella di Fabrizio Cinquini è una storia tutta italiana. Se fossimo in molti altri Paesi Cinquini non sarebbe in carcere. Il medico di Pietrasanta, considerato da tanti esponenti del mondo scientifico un pioniere nella ricerca dei benefici terapeutici della cannabis, semplicemente non si troverebbe rinchiuso in una cella da oltre due mesi. Presumibilmente, sarebbe in un centro di ricerca per sperimentare i suoi studi» afferma il consigliere regionale Pd Enzo Brogi, promotore della legge toscana che per prima in Italia ha regolamentato l’accesso ai farmaci cannabinoidi.
Domani si terrà la prima udienza del processo a carico di Cinquini. Brogi ha vistato oggi il carcere di Massa dove Cinquini è recluso. «Dopo aver spesso sentito parlare di lui -racconta Brogi- questa mattina ho avuto modo di incontrarlo. In lui c’è una grande forza d’animo, costruita sulla convinzione di aver agito nell’interesse della ricerca. Sono convinto che la nostra Regione dopo aver fatto da capofila nel legiferare su una materia così importante, debba procedere per questa strada. Abbiamo fatto dei passi significativi con l’approvazione della legge, ma è evidente che non basta».
