Piero Vigna, esempio concreto di lotta alla criminalità organizzata

Nasce sotto il nome di Piero Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia dal 1997 al 2005, l’incontro dal titolo «Criminalità organizzata: aspetti criminologici e disciplina legislativa», tenutosi oggi presso l’aula magna della scuola di giurisprudenza dell’università di Firenze, in via delle Pandette. Ad un anno dalla scomparsa del grande magistrato, che alla facoltà fiorentina ci aveva studiato e di cui poi era diventato docente.
Scopo dell’iniziativa, come spiegano gli organizzatori, è «ricordare l’alta figura del magistrato, l’infaticabile impegno per la salvaguardia della legalità e dei valori giuridici fondamentali». Presiede Gianfranco Ciani, procuratore generale della corte di Cassazione, al fianco del padrone di casa, il professor Paolo Cappellini, preside della scuola di giurisprudenza. Relatori: Valerio Onida, presidente emerito della corte Costituzionale, Beniamino Deidda, magistrato, l’avvocato Sigfrido Fènyes, vice presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze, ed il professor Francesco Palazzo, ordinario di diritto penale presso l’ateneo fiorentino e primo promotore dell’incontro. Poi Margherita Cassano, pubblico ministero, consigliere presso la corte di Cassazione e l’avvocato Valerio Valigiani. Segue il dibattito affidato al magistrato di Cassazione Elisabetta Rosi, che relaziona su «criminalità organizzata e criminalità transnazionale», ed al professor Giovannangelo De Francesco, ordinario di diritto penale dell’università di Pisa, che parla di «legislazione italiana contro la criminalità organizzata: evoluzione e prospettive».
In sala i familiari di Piero Vigna, una rappresentanza di studenti dell’università di Firenze e un nutrito gruppo di allievi della scuola marescialli dell’arma dei Carabinieri.
Piero Vigna, nato nel 1933 e morto lo scorso anno, uomo del suo tempo. Apprezzato, rispettato e temuto. In molti dei relatori ricordano la sua ironia e la genuinità tipicamente toscane (Gianfranco Ciani), il senso dell’umorismo (Margherita Cassano), il fiuto infallibile da investigatore (Beniamino Deidda) ed il sorriso ironico per cui l’allora giovane procuratore Valerio Valigiani definisce i primi incontri con Vigna «preoccupanti». Piero Vigna anche precursore del tempo presente. Ecco un elenco di leggi penali recenti da lui ispirate: la legge sui pentiti, la legge sul sequestro e la confisca dei beni di provenienza illecita, la legge sul terrorismo e la legge sulla procura nazionale antimafia. E un monito, ricordato dal professor Francesco Palazzo: no alla contaminazione fra la toga di magistrato e la casacca di politico.
Non solo. Ad una sua intuizione si deve l’esistenza delle direzioni distrettuali antimafia (DDA), come ricorda Margherita Cassano.
Valerio Onida parla in quanto presidente della scuola superiore della magistratura (SSM), che si occupa della formazione dei magistrati e che compie un anno in questo mese. Ricorda che il tema dell’incontro odierno, la criminalità organizzata, è argomento della scuola, in quanto tema cruciale dell’attività del magistrato.
Parla di mafia Beniamino Deidda, membro della scuola superiore. Denuncia la situazione attuale del nostro paese in cui le mafie possono prosperare, per via del «deterioramento del tessuto istituzionale e per lo scontro di interessi corporativi». «La piaga dell’illegalità non scomparirà magicamente», sono quindi necessari i fatti e la «definizione di una nuova legalità, nel nome di Piero Vigna, che diceva che la mafia non si combatte solo a parole».
Sul punto insiste il professor Francesco Palazzo. Si rivolge agli studenti presenti in aula, indicando Piero Vigna come «esempio vivente del diritto che si fa azione». Esempio di concretezza e portatore di messaggi tanto attuali: «Ai suoi allievi diceva di non instaurare un processo che può rivelarsi inutile e dannoso. L’onere della prova grava sull’accusa», ricorda Margherita Cassano. Piero Vigna è stato «il più brillante assertore della separazione delle carriere e fautore dell’interazione fra avvocatura e magistratura», nella ricostruzione dell’avvocato Valerio Valigiani. E’ lui che per primo «portò il pubblico ministero fuori dal suo ufficio, per la strada, che lo volle cioè interagente con l’organo investigativo».
