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Corte di Cassazione

Malata di shopping compulsivo, niente alimenti ad ex moglie

Cassazione condanna moglie malata di shopping compulsivo
Cassazione condanna moglie malata di shopping compulsivo

FIRENZE – Il coniuge malato di shopping compulsivo non ha diritto agli alimenti in caso di separazione. Le spese senza controllo configurano una «violazione dei doveri matrimoniali» al pari di un tradimento. Lo ha stabilito la Cassazione, confermando il no all’assegno di mantenimento nei confronti di una signora pisana, separata dal marito, che non riusciva a frenarsi negli acquisti e, arrivando anche a sottrarre soldi ai familiari, faceva spese sempre più frequenti e dispendiose comprando vestiti, borse, gioielli costosissimi.

In primo grado l’ex marito era stato condannato a mantenere la ex con duemila euro al mese. Somma annullata dalla Corte d’appello di Firenze (maggio 2008) che addebitava la separazione alla consorte, escludendo l’assegno di mantenimento, proprio alla luce dello shopping compulsivo. La donna ha fatti ricorso in Cassazione sostenendo di non poter essere imputabile anche alla luce del test Rorscarch, cui era stata sottoposta in appello, che aveva diagnosticato una «nevrosi caratteriale repressa sfociata in shopping compulsivo, caratterizzato da impulso irrefrenabile ed immediato ad acquistare e da una tensione crescente, alleviata soltanto da acquisti folli». Piazza Cavour ha respinto il ricorso della ex moglie e ha evidenziato che la donna era profondamente conscia della sua patologia tanto che si doveva escludere l’incapacità di intendere e di volere. La moglie affetta da shopping compulsivo è stata pure condannata a sborsare tremila euro di spese processuali.


Massimiliano Mantiloni

Giornalista

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