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Una scena de «Il cappello di paglia di Firenze»

Omaggio a Rota con «Il cappello di paglia di Firenze»

Una scena de «Il cappello di paglia di Firenze»
Una scena de «Il cappello di paglia di Firenze»

FIRENZE – Torna in scena da martedì 3 dicembre al Teatro Comunale «Il cappello di paglia di Firenze» di Nino Rota, l’autore del Novecento italiano con più sprazzi di genialità e indubbiamente il più dotato sul fronte dell’umorismo: un’ottima maniera di festeggiare il compleanno dell’autore, nato il 3-12-1911.

La produzione del centenario della nascita di Nino Rota (Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in collaborazione con Maggio Fiorentino Formazione, 2011) è reduce dal Festival di Wexford, dove è stata apprezzata dalla critica locale. In effetti, se qualche piccola incongruenza è inevitabile con lo spostamento dell’azione di un secolo tondo (nella Parigi degli anni Cinquanta del Novecento non riesce in verità del tutto credibile il corteo nuziale che si sposta freneticamente con otto carrozze: se avessero avuto tanta fretta, avrebbero magari preso qualche taxi…), la regia di Andrea Cigni è molto ben riuscita, i costumi e le scene, nella loro semplicità, sono azzeccati e simpatici, e il cast, nelle recite del 2011, tenne adeguatamente il ritmo, ottenendo uno spettacolo godibilissimo, vivace, brillante e ben cantato.

LA TRAMA –Mentre precede sulla strada per Parigi il corteo nuziale della sua giovane promessa sposa Elena, figlia di un agiato agricoltore, il parigino Fadinard, sceso a raccogliere il frustino, perde di vista un attimo il cavallo ed è il disastro: la bestia divora un cappello di paglia di Firenze appeso a un cespuglio da Anaide, moglie del geloso Beaupertuis, a passeggio con l’amante militare; Anaide e l’amante irrompono a casa dello sposo ed esigono che questi trovi subito un cappello identico a quello divorato. In realtà Vézinet, zio della sposa e sordo come una panca, aveva poco prima depositato fra i regali di nozze una cappelliera, annunciando pomposamente che conteneva un cappello di paglia di Firenze, ma il cameriere un po’ spocchioso di Fadinard non ci aveva fatto caso. Cominciano così le frenetiche peregrinazioni di Fadinard (che riesce, fra una tappa e l’altra, a impalmare l’amata, ma prosegue la fuga per cercare il cappello, inseguito dal corteo nuziale che vuole brindare agli sposi): prima dalla modista, che gli dice averne venduto uno pochi giorni prima alla baronessa di Champigny, poi dalla baronessa, che sta nientemeno che a Passy e attende il famoso e stravagante violinista Minardi, idolo dei salotti, che dalle nobildonne si fa retribuire con doni simbolici chiesti con galanteria. Ovviamente Fadinard sarà scambiato per il virtuoso dalla contessa (notevolissimo il talento comico di Romina Tomasoni, presente anche nel cast di quest’anno), che lo premia in anticipo con un cappello nero e, alle escandescenze del falso Minardi, spiega che quello di paglia di Firenze lo ha regalato alla figlioccia, madame Beaupertuis. Fadinard fa per partire a precipizio, quando irrompono i suoi invitati (che lo avevano seguito convinti di essere al “Vitel poppante”, la trattoria dove era previsto il rinfresco, e avevano divorato il buffet della baronessa) e il vero Minardi. Dopo aver trascinato tutti i suoi nella fuga, Fadinard li stacca di nuovo per far visita a Beaupertuis, trovandolo furibondo per l’assenza della moglie che si protrae dal primo mattino; troppo tardi Fadinard capisce che è proprio il marito geloso da cui la signora rinchiusa in casa sua non può tornare senza cappello. Il geloso lo segue fino a casa deciso a fare una strage, ma lì, quando tutto sembra perduto, si scopre che lo zio sordo ha regalato un cappello di paglia di Firenze identico a quello mangiato. Dopo le ultime rocambolesche peripezie (Vézinet, sdegnato, nasconde il cappello; gli invitati vengono arrestati tutti), Fadinard riesce a rimettere il cappello sulla testa di Anaide, che può tornare a casa mentre gli sposi e gli invitati, tornati liberi, possono godersi il meritato riposo.

LA STORIA DELL’OPERA – La materia proviene dalla farsa «Un chapeau de paille d’Italie» di Eugène Labiche e Marc-Michel (1851); Nino Rota e la madre Ernesta Rinaldi, pianista che tanta parte ebbe nella formazione musicale del figlio, ne trassero un libretto spassosissimo, con alcune azzeccate innovazioni all’intreccio (la modista non è un’ex-amante dello sposo, ma un’arcigna negriera di lusso, che si impone su un coro di garrule modiste assenti nell’originale; dalla svenevole baronessa di Champigny è atteso non il tenore bolognese alla moda Nisnardi, ma il violinista Minardi da Firenze, il che permette di moltiplicare le battute e gli equivoci, data la provenienza del prezioso cappello ricercato…); il tutto fu terminato fra il 1945 e il 1946, ma andò in scena solo nel 1955 a Palermo, con meritato successo di pubblico fin da subito. La critica invece, con l’eccezione di Fedele D’Amico, fu ben più avara, un po’ perché considerava Nino Rota autore “facile”, da colonne sonore di film, un po’ perché nel quadro della musica contemporanea l’opera risultava decontestualizzata e anacronistica, con il suo intento smaccatamente ludico e il profluvio di citazioni interne: una partitura traboccante di riferimenti a Rossini e al belcanto, a Puccini, a Verdi, a Stravinsky, a Ravel, perfino a Weber e a Wagner, ma anche all’operetta francese, a Gershwin, al musical, al cafè chantant, alla canzone napoletana. Si presenterebbe come opera “a numeri”, ma non di rado cadenze inattese e cambi di tempo riaprono quelli che parevano pezzi già chiusi, riservando continue divertenti sorprese all’ascoltatore; inoltre, l’orchestrazione è congegnata con sapienza e, pur fra tanta ricchezza, si prefigge evidentemente di supportare le voci senza sovrastarle.

Molti degli interpreti che fecero una buona prova nel 2011 torneranno sul palco per questa ripresa; ciò fa ben sperare quanto alla sua riuscita, specie se il giovanissimo direttore (classe 1987) avrà, come ci si augura, il “polso” che conviene per mantenere serrato il ritmo e rendere i molti trapassi d’atmosfera. Un gioiellino del teatro musicale da non perdere assolutamente.

Direttore Andrea Battistoni

Regia Andrea Cigni

Scene e costumi Lorenzo Cutuli

Interpreti:

  • Fadinard Filippo Adami, Enea Scala (4, 6, 10)
  • Nonancourt Gianluca Buratto, Salvatore Salvaggio (4, 6, 10)
  • Beaupertuis Mauro Bonfanti, Filippo Fontana (4, 6, 10)
  • Lo zio Vézinet Stefano Consolini
  • Emilio Francesco Verna, Nicolò Ceriani (4, 6, 10)
  • Felice Gregory Bonfatti
  • Achille di Rosalba Saverio Bambi
  • Una guardia Leonardo Melani
  • Un caporale delle guardie Nicolò Ayroldi, Massimo Egidio Naccarato (5, 6), Vito Roberti (7, 10)
  • Minardi Ladislao Horvath
  • Il pianista della Baronessa Andrea Severi
  • Elena Laura Giordano, Sandra Pastrana (4, 6, 10)
  • Anaide Marta Calcaterra
  • La Baronessa di Champigny Romina Tomasoni, Agostina Smimmero (4, 6, 10)
  • La modista Irene Favro

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Teatro Comunale – Corso Italia 12 – Firenze

  • Martedì 3 dicembre, ore 20.30
  • Mercoledì 4 dicembre, ore 20.30
  • Giovedì 5 dicembre, ore 20.30
  • Venerdì 6 dicembre, ore 20.30
  • Sabato 7 dicembre, ore 15.30
  • Martedì 10 dicembre, ore 20.30*

* Coop Day – Serata per i soci Unicoop Firenze al prezzo unico di 25 €, in vendita alla Biglietteria del Teatro Comunale e nei punti vendita Boxoffice.

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