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Una scena del Nabucco (credit Maggio Musicale Fiorentino / Sebastiano Piras)

Leo Nucci intona il «Nabucco» ed è un trionfo

Leo Nucci
Il baritono Leo Nucci

FIRENZE – Al Teatro Comunale è andata in scena ieri sera la prima recita del «Nabucco» con l’atteso debutto fiorentino nel «titre rôle» di Leo Nucci. Un trionfo meritato. Teatro gremito in ogni ordine di posti e un’atmosfera di intenso feeling tra platea e palcoscenico: una gioia ormai rara.

Gestualità ridotta, espressività accentuata. L’interpretazione del complesso personaggio verdiano è veramente ardua sia sul piano scenico che su quello vocale. La gestualità è intenzionalmente ridotta da Nucci all’essenziale. Al suo ingresso – senza , Deo gratias e sentite grazie al regista, il solito sbrilluccicante cocchio alla Cecil De Mille – basta qualche suo lento passo e l’attenzione si concentra tutta su di lui sino alla fine dell’opera.

All’interprete di Nabucco è richiesta una ricchissima tavolozza timbrica che Nucci dispiega in maniera emozionante. Svaria infatti dalla smisurata hybris del vincitore («Giù… Prostrati, non son più Re, son Dio») all’atterrito smarrimento dinanzi alla terribile punizione inflittagli da Jehovah («Ahi miserando veglio, l’ombra tu sei del re»), dalla richiesta di perdono al «Dio degli Ebrei», alla graduale ripresa di dignità regale e di forza spirituale («Oh prodi miei, seguitemi») sino al pentimento e all’adorazione del Dio «di Israello», deposta ogni superbia («Ei solo è grande, è forte»). E non dimentichiamo i toccanti accenti che Verdi conferisce a Nabucco-padre. Nucci conosce insomma a menadito il significato della verdiana “parola scenica”.

La seconda giovinezza di Leo Nucci. Si parla di una seconda giovinezza canora di questo grande baritono. Indubbiamente sin dall’esordio poté esibire una straordinaria facilità agli acuti: ricordo un travolgente Figaro nel «Barbiere di Siviglia». Ma accanto ai generosi doni della natura, c’è stato un ininterrotto studio (il «lungo studio e ‘l grande amore» di dantesca memoria), un paziente e continuo bilancio e scandaglio dei propri mezzi vocali, insieme ad una approfondita analisi psicologica dei personaggi affrontati. I risultati sono tangibili e manifesti. Una lezione da meditare per chiunque voglia intraprendere la a dir poco difficile carriera di cantante lirico.

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