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Tessuti illegali dalla Cina, maxi evasione fiscale

Prato, contrabbando di tessuti: 5 arrestati, 26 indagati

Tessuti illegali dalla Cina, maxi evasione fiscale
Tessuti illegali dalla Cina, maxi evasione fiscale

PRATO – Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando, false  bollette doganali, evasioni fraudolente per omesse o infedeli  dichiarazione dei redditi ed Iva. Questi i reati a carico di 31 cinesi ed un italiano, nei cui confronti il gip del Tribunale di Prato ha emanato un’ordinanza di misure cautelari eseguita dalla Guardia di Finanza. Numeri impressionanti: 377.186 rotoli di tessuto importati illecitamente dalla Cina a Prato, passando per il porto di Genova, intestazione fittizia di 13 società a prestanomi, 177 false  bollette doganali.

Le misure prevedono: 5 arresti domiciliari per il capo e i principali attori del gruppo criminale; 11obblighi di dimora e 16 divieti di espatrio notificati ad altrettanti  cinesi residenti a Prato, Genova, Mantova, Napoli, Reggio Emilia e Milano. Effettuato il sequestro preventivo di 13 società, 24 conti bancari, 19 automezzi e beni aziendali, che si vanno a sommare ai 175.000 rotoli di tessuti già intercettati in  flagranza di reato, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di  euro. 

I provvedimenti si inquadrano in una complessa attività investigativa sviluppata dalla compagnia della Guardia di Finanza di Prato negli ultimi 2 anni, partendo da uno dei tanti controlli ad un autoarticolato che, il 17 febbraio 2012, aveva scaricato in un  capannone del Macrolotto 1 un container pieno di 1.243 rotoli di tessuto provenienti dalla Cina: i documenti di trasporto avevano insospettito i finanzieri che hanno indagato lungo tutta la filiera di questo canale di approvvigionamento illegale di materie  prime destinate alle migliaia di imprese cinesi del ‘pronto moda. E’ stata così scoperta una struttura illecita capeggiata da un cinese ufficialmente dipendente di uno  spedizioniere di Genova, ma in realtà diventato il dominus e l’interfaccia nei rapporti tra gli esportatori della madrepatria e gli importatori effettivi dei tessuti di cotone, rayon, e di altre fibre procurati in completa evasione dell’Iva.

I container carichi di merce arrivavano nel porto di Genova e venivano sdoganati senza l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto in quanto ufficialmente destinati ad un deposito fiscale, prima di essere rivenduti sul territorio nazionale. In  realtà l’organizzazione utilizzava per queste operazioni delle società di comodo, vere e proprie «cartiere» dette «missing trader», ossia imprese intestate a prestanomi prezzolati (5.000 euro  all’anno di compenso medio), prive di uffici, attrezzature o beni aziendali, che estraevano i beni dal deposito Iva, emettevano autofattura e li trasferivano a Prato dove li consegnavano ai reali destinatari.

Altre volte, le importazioni, camuffate da falsi depositi Iva, avvenivano a cura di società pratesi realmente esistenti che dimenticavano di versare le imposte e presentare le dichiarazioni annuali, per poi rivendere i tessuti ai laboratori del pronto moda senza emettere fatture, oppure  rilasciando fatture e documenti di trasporto che una volta arrivati a destinazione venivano bruciati o distrutti.

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