Nibali: oggi in giallo a Parigi dopo il nero del Mondiale di Firenze
E’ sempre così, quando un italiano stradomina al Tour: torna attuale la meravigliosa rima di Paolo Conte: “… e i francesi che s’incazzano/ che le palle ancor gli girano…”.
Era dedicata a Gino Bartali, ricordato pochi giorni fa nel centenario della nascita: nel 1948 vinse il mitico giro di Francia evitando _ così vuole la leggenda – la rivoluzione in un’Italia allora sottosopra per l’attentato a Palmiro Togliatti, leader del Pci. Oggi a far inchinare, e arrabbiare, i francesi è Vincenzo Nibali, siciliano trapiantato in Toscana e ora emigrante di lusso, con la famiglia, a Lugano. Un grande. Capace di prendersi, sulle strade d’Oltralpe la grande rivincita dopo la cocente delusione di non molti mesi fa, settembre 2013, sulle strade di Firenze: arrivò solo quarto nel Mondiale italiano, che pareva cucito su misura per lui.
Oddio, niente paragoni con il Brasile del calcio, che ogni volta che decide di organizzarsi il campionato in casa finisce battuto e deriso. No, Nibali venne applaudito per l’impegno e la sofferenza. Ma critici velenosi dissero che, forse, non era il campione tanto atteso, quello capace di far rivivere non l’epopea di Coppa e Bartali o di Adorni, Moser e Gimondi, ma nemmeno di raccogliere l’eredità di Franco Ballerini e Paolo Bettini. E invece eccolo là, Vincenzo Nibali: non bastano le dita di una mano per indicare i minuti di vantaggio sul povero francese secondo in classifica, che insegue e arranca, o sullo spagnolo Valverde, stavolta troppo scarso per poter competere.
Chi conosce il ciclismo, e allora non si fece trasportare dalla delusione del momento, sa che Nibali avrebbe potuto vincere il mondiale di Firenze solo per una serie di fortunate coincidenze. Non ha le caratteristiche per le grandi corse in linea e tantomeno per una gara iridata come quella del 2013 che sembrava fatta in casa e che, viceversa, presentava un tracciato non adatto alla pedalata di Vincenzo Il quale, in Toscana, e soprattutto sui saliscendi della provincia di Pistoia, ha aggiunto alle sue qualità naturali esperienza e capacità per capire soprattutto percorsi lunghi e tortuosi. Una capacità che gli ha permesso di vincere le grandi corse a tappe – Giro d’Italia, Vuelta spagnola e, oggi, Tour de France – iscrivendo il suo nome, con lettere fatte di umiltà e sudore, laddove da decenni campeggiano quelli dei grandissimi, inimitabili campioni del passato: Fausto Coppi e Eddy Merckx. Nessun paragone, sia chiaro. Ma solo qualche riferimento per dare l’idea che stiamo parlando di un corridore vero, con la c maiuscola. Che è andato oltre l’impresa, assolutamente da ricordare, compiuta a suo tempo da Pantani.
Nibali ha annichilito gli avversari. Ovvio che i francesi s’arrabbino. Sono anni che non riescono ad applaudire un connazionale capace di compiere un’impresa come quella che oggi, 27 luglio, porterà Vincenzo trionfalmente in giallo sugli Champs Elysées. Un’impresa che avrà il potere di cancellare anche il ricordo della delusione del mondiale 2013 di Firenze, sulle strade del Campo di Marte.