Arno, 48 anni dopo l’alluvione del ’66: avviati i lavori per la cassa d’espansione di Figline (ma ce ne vogliono altre 40 per mettere Firenze al sicuro)

4 novembre 1966, l'Arno straripa a Firenze
4 novembre 1966, l'Arno straripa a Firenze
4 novembre 1966, l’Arno straripa a Firenze

FIRENZE – Doveva essere completata nel 2009, la cassa d’espansione sull’Arno, in località Pizziconi, nel comune di Figline-Incisa.  Invece il cantiere, ancora da aprire, è stata in qualche modo inaugurato ieri mattina da Enrico Rossi, presidente della Regione, con Erasmo D’Angelis, responsabile governativo per le calamità naturali, i sindaci di Firenze, Dario Nardella, e di Figline Incisa, Giulia Mugnai, e Gaia Checcucci, segretario dell’autorità di bacino dell’Arno.

“Siamo ad una svolta”, ha detto Rossi. L’augurio è che abbia ragione. Perché la cassa d’espansione di Figline sarà completata solo fra qualche anno e rappresenta solo un infinitesimo segmento di quel che serve per mettere al riparo Firenze (con l’immenso patrimonio d’arte che custodisce)  e due terzi della Toscana dalla minaccia delle alluvioni dell’Arno, 48 anni dopo il disastro del 1966. Pensate: per dire di essere al sicuro bisognerà contenere  200 milioni di metri cubi d’acqua, come recita il piano di bacino del professor Raffaello Nardi. Mentre questa cassa d’espansione di Figline Incisa, quando sarà finita, potrà appena fermare 4-5 milioni di metri cubi d’acqua. Ossia una percentuale assai minima della forza devastante dell’Arno quando la sua piena diventa inarrestabile. In sostanza, bisognerebbe fare almeno altre 40 casse d’espansione come quella che viene avviata ora a Pizziconi per poter avere una ragionevole sicurezza, certificata dal punto di vista tecnico-scientifico

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