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Pier Francesco Listri (seconda da sin.) al Rotary Club Firenze Nord

Listri: «I 150 anni di Firenze Capitale? Un’occasione unica per guardare avanti»

da destra Pier Francesco Listri, il presidente del Rotary Andrea Valeri, il nuovo socio del Firenze Nord Carlo Corbinelli
da destra Pier Francesco Listri, il presidente del Rotary Andrea Valeri, il nuovo socio del Firenze Nord Carlo Corbinelli

FIRENZE – «La prossima ricorrenza dei 150 anni di Firenze Capitale non dovrà essere una semplice celebrazione ma un’occasione per ragionare. Non dobbiamo celebrare ma soprattutto ripensare alla storia della nostra città come occasione per guardare al futuro». Così nella nota schiettezza del suo linguaggio, lo storico, scrittore e giornalista Pier Francesco Listri ha tracciato una sintesi di come Firenze dovrebbe prepararsi al 2015, «anno che sarà pieno di incontri, convegni, dibattiti» purchè – questo è l’auspicio – non si fermino solo a guardare all’indietro.

Molto applaudito il suo intervento di ieri sera, mercoledì 3 dicembre, al Rotary Club Firenze Nord, presieduto da Andrea Valeri, dove Listri ha preso lo spunto da alcuni dei capitoli del suo ultimo saggio «Segreti e vita quotidiana di Firenze Capitale 1865-1870» (Le Lettere Editore). Una cronaca del tempo che si legge come tanti articoli di giornale uno accanto all’altro: narrativi ma al tempo stesso sintetici ed essenziali. Dove, accanto ai momenti che hanno fatto la Storia d’Italia, non mancano i gossip e le curiosità di cosa Firenze rappresentava a quel tempo.

Dall’iniziale riluttanza del re Vittorio Emanuele II a trasferirsi a Firenze: come testimonia il D’Azeglio il re non era infatti discendente di Casa Savoia, ma in realtà il figlio di un macellaio fiorentino che fu sostituito in tutta fretta nella culla del vero erede legittimo di Carlo Alberto, che da neonato morì durante un incendio presso la Villa del Poggio Imperiale. Re Vittorio Emanuele II – ha ricordato Listri – aveva tre sole passioni: la caccia, le donne, la guerra. Tutti argomenti che lasciavano spesso insonne Camillo Cavour. Per convincerlo a venire a Firenze, fu aperta per lui la tenuta di caccia di San Rossore a Pisa.

E così il re si mosse, seguito da ben 25.000 torinesi (funzionari di corte e di governo, famiglie) ai quali – rammenta Listri – fu dato addirittura un vademecum su come comportarsi con i fiorentini, gente strana che parlava una lingua difficile, specie per loro abituati al francese o al dialetto piemontese. Anche questo è uno spunto di riflessione – ha detto Listri – perché da proprio da Firenze dovrebbe partire una riscoperta della lingua italiana, proprio oggi che nei telefonini la preposizione «per» è radiata e sostituita da un più semplice ma assurdo «x».

Tante altre le cronache e gli appunti su Firenze Capitale: dalla nascita del viale dei Colli e del piazzale Michelangelo, alla Firenze sotterranea, al boom delle edizioni del quotidiano «La Nazione» (nacquero in pochissimo tempo 30 nuovi chioschi per il giornali), alla poco conosciuta invenzione del «pantelegrafo» in tutto simile all’odierno fax opera di Giovanni Caselli, a cui oggi è dedicata – lo sanno in pochi – una strada nella zona del Campo di Marte. Per concludere, un capitoletto che è la sintesi di tutto: «No, non fu una Firenzina».

 

 


Sandro Addario

Giornalista

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