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Reati depenalizzati: alla fine resta sempre la discrezionalità del giudice

Il Consiglio dei ministri, fra mille polemiche, ha dato il via la depenalizzazione di fatto per i cosiddetti reati lievi, fra i quali furto semplice, danneggiamento, truffa, ma anche violenza privata. Vale a dire che non è stato cancellato il reato, che rimane scritto nel codice, ma, se è particolarmente tenue, non si applica nessuna sanzione. Si sono scatenate discussioni, la politica ha detto di tutto e di più, la Lega ha protestato perché in tal modo il Governo consegna l’Italia ai criminali. Anche l’Associazione Nazionale Magistrati, come sempre, ha fatto udire la propria voce. Ma, al di là di tutti questi commenti interessati o di parte, è interessante esaminare, dal punto di vista tecnico, le nuove disposizioni e vederne le conseguenze positive e negative. Pur non essendo un grande esperto, ma con l’esperienza di 40 anni di amministrazione, ho cercato di buttar giù qualche considerazione.

DECRETO – Ho già illustrato lo schema di decreto legislativo approvato in prima lettura dal consiglio dei ministri del 1 dicembre 2014. Il ragionamento del legislatore è questo: il colpevole ha commesso un fatto che rientrerebbe nella norma incriminatrice, ma visto che è di particolare tenuità allora l’imputato viene prosciolto. La persona offesa, quindi, non potrà ottenere il risarcimento dei danni nel processo penale, ma potrà chiedere il risarcimento solo con una causa civile.

PENALE – Le modifiche al codice penale introdurranno un nuovo articolo 131-bis, che spiegherà le condizioni in base alle quali il colpevole non subirà alcuna punizione. La futura norma penale, stando allo schema di decreto legislativo, escluderebbe la punibilità nei reati per i quali è prevista la pena della reclusione o della reclusione o dell’arresto domiciliare non superiore nel massimo a cinque anni, oppure la pena pecuniaria, sola o congiunta alle sanzioni detentive.

REATI – Saranno perciò depenalizzate di fatto le percosse e le lesioni personali semplici, l’omissione di soccorso, la diffamazione, la violenza privata e la minaccia, la violazione di domicilio, il danneggiamento e la truffa, il furto semplice. Per i reati che stanno sotto soglia la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Come spiega la relazione allo schema di decreto legislativo la particolare tenuità dell’offesa riguarda la «modalità della condotta» e l’«esiguità del danno o del pericolo».

DISCREZIONE – In sostanza si lascia sempre ai giudici un rilevante potere discrezionale. Ad esempio in merito di valutazione della non abitualità del comportamento. La relazione citata espone che il concetto di «non abitualità» del comportamento implica che la presenza di un precedente giudiziario non sia di per sé sola ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in presenza ovviamente degli altri presupposti. L’«abitualità» si riscontra invece quando una persona commette reati in serie: la relazione cita l’esempio del caso di un furto che, seppure in sé minimo, risulti costituire un anello di una serie di comportamenti analoghi, collegati fra loro.

PERSONA OFFESA – La persona offesa viene seriamente ‘sacrificata’ dalla nuova normativa che sembra proprio essere emanata in favore dei delinquenti considerati minori, ma che pongono in essere alcuni fra i comportamenti più detestati dalla gente comune. Il danneggiato infatti ha ben poca voce in capitolo: può essere sentito dal giudice prima che questi emetta una sentenza predibattimentale, chiedendo in tale sede che si proceda. Naturalmente se si va in udienza preliminare o in sede di dibattimento la persona offesa potrà interloquire nella pienezza del contraddittorio. La possibilità di far valere le proprie ragioni risarcitorie in sede civile potrebbe risultare un rimedio inutile, considerando costi e tempi della giustizia civile, che potrebbero disincentivare il danneggiato.

In sostanza a mio avviso questa modifica non muterà molto rispetto alla situazione precedente. Quante volte, nel corso della mia carriera, mi sono interrogato, insieme alle forze dell’ordine, sul perché era stata risparmiata da un giudice l’emissione di ordinanza di custodia cautelare per questi reati anche prima che il recente decreto desse il colpo di spugna. E già allora era determinante la discrezione del magistrato nel valutare le condizioni del fatto e del soggetto incolpato.

Adesso la norma è intervenuta per dichiarare direttamente il proscioglimento per fatti di particolare tenuità che rientrano nelle fattispecie previste come reati, indicate nel decreto. Ma per arrivare al proscioglimento occorrerà che ancora una volta, giustamente, un giudice esamini e valuti le modalità della condotta o l’esiguità del danno o del pericolo, condizioni necessarie per l’applicazione della nuova disposizione.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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