Semestre Ue: 13 gennaio, scade la presidenza italiana. Napolitano si dimette?
Il 13 gennaio 2015 scade il semestre di presidenza italiana del Consiglio Ue. Si tratta di una scadenza importante anche perché a questa data sembra che siano legate le dimissioni promesse il 31 dicembre dal Presidente Giorgio Napolitano, che aveva annunciato il suo disimpegno al termine del mandato europeo di Matteo Renzi. Quindi da domani ogni giorno è buono per il vecchio presidente per rispettare la promessa fatta al popolo italiano. Stamani intanto il presidente del Consiglio ha riferito al Capo dello Stato del bilancio del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, oggetto del suo intervento proprio il 13 a Strasburgo.
Riteniamo quindi opportuno tracciare noi autonomamente, al di là di quanto dirà Renzi, un bilancio il più possibile obiettivo della gestione comunitaria del boy scout fiorentino. La priorità annunciata dal nostro premier era soprattutto quella di riportare l’attenzione degli organismi europei sulla crisi ancora non esaurita e di spostare l’equilibrio delle politiche dall’austerità alla crescita. Il bilancio finale è finora negativo, a meno di qualche positivo sviluppo nei mesi a venire. Vediamo però punto per punto i temi principali.
CRESCITA – In ottobre un buon segnale in questa direzione era stata l’approvazione del Piano Juncker da 351 miliardi, che però ancora non decolla, visto che necessita della collaborazione e degli interventi finanziari degli Stati membri, piuttosto restii ad intervenire. Quindi, per ora, nessun risultato concreto ma solo risultati attesi, come al solito.
FLESSIBILITÀ – Renzi non è riuscito neppure a far stabilire ai partner la possibilità di scorporare gli investimenti dalla contabilità del patto di stabilità. Il massimo che si potrà ottenere (con grandi difficoltà, vista l’opposizione tedesca) sarà di scomputare dalle pagelle sul bilancio i progetti cofinanziati nell’ambito del Piano Juncker.
EUROCRATI – Non hanno certo giovato a Renzi gli scivoloni populisti con le sue frequenti e sarcastiche uscite sulle spese europee e sugli eurocrati, non particolarmente apprezzate dalla maggior parte dei suoi colleghi, a partire dalla Merkel.
ACCORDI – Positiva è stata la conclusione di accordi legislativi importanti nel settore Ecofin (fine del segreto bancario, clausola anti abusi contro la doppia non imposizione fiscale delle imprese multinazionali, accordo su antiriciclaggio). Merito peraltro del ministro Padoan.
IMMIGRAZIONE – Un primo risultato positivo si è avuto anche in tema d’immigrazione. Frontex ha sostituito Mare Nostrum. Il rafforzamento di Frontex, finora non molto incisivo, richiede però un gran lavoro di convinzione, da parte degli organismi Ue, nei confronti dei paesi del Nord e dell’Est Europa, finora quasi estranei a quest’operazione. E’ necessario il loro intervento con uomini, mezzi anche finanziari, e soprattutto la disponibilità a ripartire equamente l’accoglienza fra tutti gli Stati membri.
AMBIENTE – Numerosi i dossier ambientali fatti approvare. Il ministro Galletti è stato ben consigliato dalla rappresentanza di Bruxelles. Sono state infatti approvate la direttiva sulla libertà di vietare la coltivazione di Ogm, l’intesa sulle norme per l’eliminazione delle buste di plastica monouso, è stata data via libera alla direttiva sui limiti alle emissioni di impianti di combustione di media grandezza. E in più sono intervenuti la ratifica del prolungamento degli accordi di Kyoto sul clima, l’accordo sul monitoraggio delle emissioni nel settore marittimo, il rafforzamento del pacchetto sull’Economia circolare (su riduzione rifiuti e obbligo riciclo materiali) che la Commissione voleva ritirare.
AGRICOLTURA E INDUSTRIA – Su due temi fondamentali per noi però l’azione del governo è fallita. In materia di “made in” (etichetta di origine dei prodotti non alimentari fabbricati nei paesi terzi) e della nuova normativa sul biologico e delle misure a favore dei giovani agricoltori risultati zero via zero.
Come si può rilevare da questo sintetico excursus il bilancio è sostanzialmente negativo, pur concedendo al nostro premier l’attenuante che il tempo a disposizione non è stato lunghissimo, visto che per il periodo iniziale tutto era bloccato dalla necessità di ricostituire gli organismi comunitari. È vero inoltre che finora quasi nessuna presidenza semestrale ha avuto modo d’incidere particolarmente sulle politiche comunitarie, ma gli annunci di Renzi avevano fatto presagire chissà quali sconquassi in questi sei mesi.
La prossima presidenza italiana sarà fra più di dieci anni e cadrà fra il 2028 e il 2029. Matteo Renzi in conferenza stampa ha detto “spero di non esserci”, ma nessuno ci ha creduto.