
Legge Delrio: la Corte Costituzionale respinge i ricorsi di alcune regioni

ROMA – La Corte Costituzionale ha bocciato i ricorsi che le Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia avevano proposto contro la legge del 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), meglio nota come Legge Delrio, su una serie di questioni. Tra queste, la disciplina delle città metropolitane, la ridefinizione dei confini territoriali e del quadro delle competenze delle Province, “in attesa della riforma del titolo V, parte seconda, dellaCostituzione”, il procedimento di riallocazione delle funzioni “non fondamentali” delle Province, la disciplina delle unioni e fusioni dei Comuni.
COMPETENZA – I giudici evidenziano come non sia fondata, innanzitutto, “la preliminare questione di competenza sollevata dai ricorrenti” sul presupposto che la istituzione delle città metropolitane sia di competenza regionale esclusiva. “Se esatta fosse una tale tesi – scrivono – si dovrebbe pervenire, per assurdo, alla conclusione che la singola Regione sarebbe legittimata a fare ciò che lo Stato “non potrebbe fare” in un campo che non può verosimilmente considerarsi di competenza esclusiva regionale, quale, appunto, quello che attiene alla costituzione della Città metropolitana, che è ente di rilevanza nazionale ed anche sovranazionale ai fini dell’accesso a specifici fondi comunitari”. D’altro canto, osserva la Corte Costituzionale, le Città metropolitane, istituite dalla legge n. 56 del 2014, sono destinate a subentrare integralmente alle omonime Province esistenti, la cui istituzione è di competenza statale.
SINDACO – Quanto alla figura del sindaco metropolitano, dicono i giudici costituzionali, “per un verso, la sua individuazione nel sindaco del Comune capoluogo di Provincia non è irragionevole in fase di prima attuazione del nuovo ente territoriale, attesi il particolare ruolo e l’importanza del Comune capoluogo intorno a cui si aggrega la Città metropolitana, e non è, comunque, irreversibile, restando demandato allo statuto di detta città di optare per l’elezione diretta del proprio sindaco”.
POVINCE – Un secondo gruppo di disposizioni denunciate dalle quattro Regioni ricorrenti attiene al nuovo modello ordinamentale delle Province. Ma anche le censure rivolte al riordino delle Province, secondo i giudici Costituzionali, sono non fondate. Il terzo gruppo di censure è rivolto al riordino delle funzioni ancora attribuite alle Province ed allo scorporo di quelle attribuite ad altri enti; un quarto gruppo riguarda le disposizioni che riguardano le unioni di comuni. Su tutte le questioni poste dai ricorrenti, la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale.