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Jobs Act? Va bene, ma ora serve un testo unico sul lavoro dipendente

Il nostro giudizio positivo sul Jobs Act dipende essenzialmente da tre fattori:  flessibilità, regole certe, riduzione costo del lavoro, perché da quando il provvedimento, entrato in vigore, ormai da oltre un mese,  comincia a produrre i primi effetti tangibili nel mondo delle piccole e medie imprese. L’introduzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti sposta  infatti il concetto finora conosciuto di flessibilità da più forme contrattuali ad una sola,  rendendo più funzionale e più chiaro il rapporto di lavoro tra lavoratore e datore di lavoro; allo  stesso tempo, la nuova disciplina sui licenziamenti introduce elementi di maggiore certezza  per chi fa impresa e rappresenta un passo in avanti verso un mercato del lavoro meno  ingessato e più dinamico.

Grande importanza hanno inoltre le misure economiche previste nella Legge di Stabilità e che  accompagnano il provvedimento, dall’abbattimento componente lavoro Irap agli incentivi economici alle nuove assunzioni (misura quest’ultima, a nostro avviso, da rendere stabile e non solo limitata alle nuove assunzioni 2015). Mi auguro inoltre che lo schema di decreto presentato il 20 febbraio  sul riordino delle forme contrattuali (tempo determinato, contratti di collaborazione, ecc.)  possa ulteriormente semplificare il quadro normativo.

Da una prima lettura, possiamo affermare che si va nella direzione giusta, con la proposta di  ridurre il numero complessivo delle tipologie contrattuali, l’eliminazione dei Co.co.pro e di altre forme di flessibilità che hanno funzionato poco e male negli ultimi anni. Per le nostre imprese, soprattutto quelle di tipologia turistica, è stato infine importante  mantenere in vita il contratto a chiamata (intermittente), solitamente utilizzato in  concomitanza con i cosiddetti “picchi” di presenze.  Detto questo, cosa resta da fare? Queste le priorità per le piccole e medie imprese di turismo, commercio, servizi:

1) Semplificazione e riduzione degli adempimenti obbligatori per le assunzioni e  per tutte le fasi di svolgimento del rapporto (per assumere oggi: 16  adempimenti da compiere, 24 nel caso di apprendisti, 29 se lavoratori  stranieri!).

2) Riforma complessiva degli ammortizzatori sociali con l’obbiettivo di “sfruttare”, in modo  eno dispersivo le risorse a disposizione per le politiche passive (cassa integrazione), spingendo all’uso preventivo del contratto di solidarietà (anche di “tipo b”).

3) Riforma dei Centri per l’Impiego: potenziare le loro funzioni con un chiaro investimento  pubblico finalizzato all’incontro tra domanda e offerta.

4) Un nuovo assetto normativo che regoli la contrattazione collettiva, oggi completamente  fuori controllo, con centinaia di contratti collettivi nazionali e di categoria, spingendo  verso la semplificazione e la contrattazione di secondo livello o aziendale. Il lavoro autonomo è il grande assente tra le priorità del Governo. Per questi lavoratori si è anche parlato, in taluni casi di “nuovo precariato”.

Ecco perché noi proponiamo l’adozione di un testo unico per il lavoro indipendente, che preveda incentivi all’innovazione, procedure facilitate, tassazione e contribuzione agevolata per i primi tre anni di attività, formazione continua, sostegno all’imprenditoria giovanile e femminile. Credito: istituzione di un fondo di rotazione per l’imprenditoria individuale  con un budget destinato allo sviluppo anche attraverso azioni di tutoraggio e  affiancamento. Intanto Confesercenti Firenze, con l’obbiettivo di approfondire il nuovo regime normativo del mercato del lavoro, ha promosso, sul territorio,  una serie di incontri aperti alle piccole e medie imprese e, più in generale, al variegato mondo del lavoro autonomo. Questo viaggio comincerà da Empoli, lunedì 13 aprile.

 

confesercenti, Jobs Act


Nico Gronchi

Presidente Confesercenti Toscana

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