Governo: Gentiloni accetta con riserva. Ma intanto prepara la squadra – fotocopia del governo Renzi
ROMA – A Palazzo Chigi dunque subentra Paolo Gentiloni, un fedelissimo di Renzi. Cambierà poco sia nella politica sia nella squadra dei ministri, e verrà preservata così la volontà del rottamatore di tornare trionfalmente a palazzo dopo la disfatta del 4 dicembre, in barba alla volontà della maggior parte degli italiani. Scommettiamo anche che il rottamatore imporrà al Conte rosso un governo-fotocopia, preservando nella squadra le (dis)grazie di Maria Elena Boschi, madre (il padre è Re Giorgio Napolitano) della riforma costituzionale bocciata dagli elettori.
GENTILONI – Dunque approda alla Presidenza del Consiglio un politico di lungo corso, che ha fatto i primi passi nella sinistra extraparlamentare e nel movimento ecologista, per poi passare ad incarichi di prima linea a livello locale e nazionale, culminati con il biennio alla guida del Ministero degli Esteri. Nell’ultima legislatura l’esperienza in commissione Affari Esteri lo aveva indubbiamente per lanomina a ministro degli Esteri, il 31 ottobre 2014, al posto di Federica Mogherini, chiamata a guidare la diplomazia Ue.
FARNESINA – Alla Farnesina Gentiloni affronta i numerosi – e spinosi – dossier di politica internazionale, tessendo una tela di dialogo che trova l’apprezzamento nei partner stranieri, anche da sponde opposte. Costruisce un rapporto stretto, e di amicizia, con il capo della diplomazia americana John Kerry, rivendicando l’indissolubile legame tra Italia e Stati Uniti, ma allo stesso tempo tiene aperto il canale con il collega russo Serghiei Lavrov. E anche nel momento di tensione massima tra Usa ed Europa e la Russia, culminata con le sanzioni contro Mosca dopo la crisi ucraina, Gentiloni insiste sulla necessità di non rompere con la Russia, pur mantenendo la fermezza. Per esempio, avvertendo il Cremlino che sulle macerie di Aleppo non si costruisce la pace in Siria. La moderazione che lo contraddistingue, però, non gli ha impedito di assumere anche toni duri, ad esempio contro l”Egitto, per i ritardi nella soluzione del caso Regeni, o per la vicenda dei marò (il suo primo atto da ministro è stato proprio la telefonata ai due fucilieri), per la quale non ha risparmiato attacchi alla controparte indiana.
BRUXELLES – A Bruxelles, si è battuto soprattutto per difendere la posizione italiana sulla crisi migratoria, rivendicando la necessità che l”Europa non lasci sola i partner della sponda sud nel gestire l”accoglienza dei profughi. E poi la crisi libica, con il sostegno attivo dell”Italia agli sforzi che portano all’accordo sul governo di unità nazionale, e la guerra al terrorismo e sul governo di unità nazionale, e la guerra al terrorismo e all’Isis, che lo prende di mira bollandolo come ministro dell”Italia crociata. Nei suoi numerosi viaggi all”estero, Gentiloni, tra le altre cose, è stato il primo ministro europeo a volare a Cuba dopo il disgelo con gli Usa ed è stato in Iran poco prima dello storico accordo sul nucleare, ritornando a Teheran anche dopo la firma.
Quest’attività indubbiamente, insieme alla fondamentale investitura di Renzi (non per nulla abbiamo soprannominato, in modo goliardico, Gentiloni ‘il Nardella di palazzo Chigi’), lo hanno catapultato sulla poltrona di primo ministro, che molti prevedono occuperà per poco, giusto il tempo per fare la legge elettorale e per permettere a Renzi di conservare lo scettro di segretario del Pd. Immaginiamo che la cerimonia della consegna della campanella sarà più cordiale rispetto a quella Letta – Renzi e crediamo che il rottamatore legherà un fil rouge al segno del comando, in modo da farselo restituire dopo essere stato cacciato ignominiosamente dalla volontà del 60% del popolo italiano.
È lui stesso del resto a confermarlo alle due di notte quando arrivato a casa a Pontassieve, dopo 48 di silenzio chiuso a palazzo Chigi, affida ai social un post che è un commiato al governo e un arrivederci a presto agli elettori. «Torno a casa davvero», scrive il segretario del Pd. Ma nessun addio alla politica. Anzi. Semmai un secondo round. Ricominciando da capo. Dal rottamatore che è stato. «Riparto da capo – scrive Renzi, facendo tesoro degli errori. Ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire». A cominciare dal congresso Pd e dalla riconferma della segreteria e della premiership. Per quelle elezioni che Renzi sta brigando per anticiparle rispetto alla scadenza della legislatura.