PONTASSIEVE (Firenze) - E' tornato a casa, a Pontassieve, nella notte fra sabato 10 e domenica 11 dicembre, Matteo Renzi, ma su Facebook promette: «Non ci stancheremo di riprovare e ripartire». Il premier dimissionario,
ieri sera, al termine delle consultazioni al Quirinale, ha chiuso gli scatoloni, a palazzo Chigi, per far rientro a casa, dove oggi passerà la prima domenica in famiglia dopo le dimissioni. Già giovedì scorso il segretario
del Pd aveva passato nel suo paese alle porte di Firenze la festa dell'Immacolata, per poi far rientro a Palazzo Chigi. Dove tornerà nei prossimi giorni per passare la campanella al suo successore.
«Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti - ha scritto su Facebook nella notte -. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un'occhiata alla posta cartacea arrivata
in settimana, tanto ormai con Internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa. Tutto come sempre, insomma. Solo che stavolta è diverso. Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti. Ho chiuso
l'alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi. Torno a casa davvero».
Il premier, nel lungo post, fa un bilancio della sua esperienza al governo. «Sono stati - scrive - mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l'elenco impressionante
delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall'innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo, c'è l'amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto
tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all'Italia, non al Governo e che non c'era nessuna deriva autoritaria, ma solo l'occasione per risparmiare tempo e denaro evitando
conflitti istituzionali. Ma quando il popolo parla, punto: si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l'Italia. Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. L' avevo detto, l'ho fatto. Di solito si lascia
Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no. Noi abbiamo ottenuto l'ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni
si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l'impegno, come per gli 80 euro o per l'Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-) Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio,
non ho un vitalizio, non ho l'immunità. Riparto da capo, com'è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene. A chi verrà a Chigi dopo di me, lascio il mio più grande augurio di buon lavoro e tutto il mio tifo:
noi siamo per l'Italia, non contro gli altri. Adesso, dunque, torna alla vita da semplice cittadino. Nei prossimi giorni sarò impegnato in dure trattative coi miei figli per strappare l'utilizzo non esclusivo della taverna di casa:
più complicato di gestire la maggioranza».
Ma a questo punto il cambio di tono e di prospettiva: la sua avventura politica non è certo finita qui: «Ho sofferto - ammette - a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l'esperienza
scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire e ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano
nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l'Italia. Noi siamo quelli che ci provano davvero.
Che quando perdono non danno la colpa agli altri. Che pensano che odiare sia meno utile di costruire. E che quando la sera rimboccano le coperte ai figli pensano che sì, ne valeva la pena. Sì, ne varrà la pena. Insieme».
Ripartire, quindi, già domani, lunedì, nella direzione del Pd, convocata alle 12, e poi domenica 18 con l'assemblea che farà partire la stagione congressuale, in cui Renzi si presenterà per chiedere un nuovo mandato da segretario
e, dunque, da candidato premier alle prossime elezioni. Dunque «torneremo, e non staremo via molto», diceva ieri, sabato, un membro del suo staff lasciando Palazzo Chigi. Ma bisognerà vedere le reazioni del Paese. Un Renzi che, al
di là della scenetta familiare e con gli orecchi ciondoloni, aveva messo le mani su tutto, dando l'impressione di voler decidere su tutto e su tutti è stato francamente imbarazzante.
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